La Nuova Sardegna

L’intervista

Giancarlo Magalli: «L’arcipelago, gli stazzi galluresi e mia bisnonna amica di Garibaldi»

di Alessandro Pirina
Giancarlo Magalli: «L’arcipelago, gli stazzi galluresi e mia bisnonna amica di Garibaldi»

Il presentatore, alla vigilia di un premio alla carriera, racconta la sua infanzia tra Calangianus e La Maddalena

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La Sardegna è la sua infanzia. I pranzi galluresi a Roma, la bisnonna Genoveffa che conobbe Garibaldi, il nonno Angelo che progettò le prime ferrovie dell’isola, il prozio senatore del Regno, e poi gli stazzi di Calangianus, le spiagge della Maddalena. Giancarlo Magalli racconta il suo legame con l’isola alla vigilia di un premio alla carriera - Tre minuti di celebrità organizzato dall’Associazione Spazio Aperto - che gli verrà consegnato domenica a Cagliari, appuntamento alle 17 al T-Hotel. Un riconoscimento a un artista - non solo conduttore tv, ma anche attore, cabarettista e soprattutto autore - che ha segnato la storia dello spettacolo italiano.

Magalli, quanta Sardegna si respirava in casa sua?

«Se ne respirava abbastanza, e la cosa mi piaceva parecchio. Io, mio padre, mia madre, i miei nonni abitavamo in una casa molto grande, e avevamo sempre qualche ospite: un fratello di nonna, uno di nonno. Ogni sera ci trovavamo davanti alla tavola. La tv ancora non c’era, gli adulti parlavano e noi ascoltavamo. E poi c’era la gastronomia sarda...».

Sua nonna era una grande cuoca?

«Lei stava sempre in cucina e cucinava molto bene. Nessuno glielo aveva chiesto, ma lei ogni giorno faceva due menù: uno romano e uno sardo. Il sugo in due modi diversi, il maialino e il pollo. C’era sempre questa varietà di piatti, ma i dolci erano esclusivamente sardi: papassini, seadas».

I suoi nonni erano tutti e due sardi.

«Mia nonna di Calangianus e mio nonno di La Maddalena. Si erano sposati in Sardegna e poi si trasferirono a Roma, perché c’era il fratello di nonna, lo zio Pietro, che era senatore, sottosegretario e tante altre cose. Mio nonno si era laureato alla Normale di Pisa e lo aveva convinto a venire a Roma, dove era entrato nelle Ferrovie. E lui fu quello che progettò le prime ferrovie in Sardegna: la Palau-Porto Torres, la Chilivani-Martis. Mi viene da ridere perché voi giornalisti ora chiamate me, ma quando ero piccolo era lui quello famoso. Ricordo i trafiletti sulla Nuova Sardegna: “l’ingegner Angiolillo arriva dal continente”. E la cosa mi inorgogliva».

Che ricordo ha della Sardegna della sua infanzia?

«Spesso venivamo con lui: mio nonno aveva la mamma alla Maddalena. La bisnonna Genoveffa è morta a 99 anni, aveva conosciuto Garibaldi ed era molto amica di Donna Clelia, la figlia. Il Generale frequentava casa sua: questa cosa mi faceva così impressione...». In estate vi dividevate tra Calangianus e La Maddalena. «Erano estati molto belle. A Calangianus avevamo gli stazzi con sughereti molto grandi, ad anni alterni si faceva la scorzatura. Alla Maddalena mia bisnonna aveva una casa grande che si affacciava sul mare. E ricordo i bagni in questa spiagge deserte, non era ancora nata la Costa Smeralda. Andavo con mio nonno: ho ancora dei filmini i 8 millimetri fatti da mio padre».

È più tornato nei luoghi della sua infanzia?

«In Sardegna vengo, ma soprattutto sono stato a Cagliari, dove facevo le telepromozioni di una lottizzazione a Capoterra che andò molto bene».

A Calangianus ha ancora parenti?

«Fino a qualche tempo fa avevo dei cugini, magari qualcuno avrà fatto dei figli ma non li conosco. L’ultima volta che sono stato a Calangianus si sparse subito la voce della mia presenza e nel bar del paese arrivò il sindaco, poi cercarono un mio cugino e lo fecero venire. Facemmo una riunione di famiglia per strada. Ricordo che andammo a visitare i sugherifici dei Tamponi, ma anche la Geomag, che aveva creato un gioco magnetico di grande successo».

Sa che a Pavia c’è un sindaco di Calangianus, Michele Lissia?

«Davvero? Sarà mio parente...».

Tra i tanti sardi incontrati nella sua vita c’è Francesco Cossiga.

«Era un mio grande amico e sostenitore. Quando ci incontravamo diceva: “ecco il nostro presentatore sardo”. E io: “presidente, guardi che mio zio era suo collega, Pietro Lissia”. E lui: “come no? Pietro Lissia, entrato in Parlamento nel 1919...”: sapeva tutto a memoria».

Come era Cossiga? «Era molto affettuoso. Una volta alla festa dei carabinieri incontrai e una giovane carabiniera “caragnanesa” e glielo dissi: “presidente, questa ragazza è di Calangianus”. Lui la prese sottobraccio e non la mollò più. E poi era un radioamatore, nonché maniaco della tecnologia. Comprava di tutto ma non sapeva usare nulla. Allora chiamava me o Boncompagni. Squillava il telefono alla una di notte: “qui la batteria del Quirinale, le passo il presidente”. E lui: “Boncompagni, sono Cossiga: come si regola l’orologio del videoregistratore?”».

Lei era molto legato a Pippo Baudo, un altro grande amico della Sardegna.

«Ma noi ci vedevamo sempre a Roma. Spessissimo a casa di Luigi De Filippo insieme a Giovanna Ralli e Franco Di Mare. Eravamo un gruppo di amici. E poi andavo sempre a teatro con lui. Mi chiamava Pippo: “dobbiamo andare alla prima del Sistina” (con la voce di Baudo, ndr). A me i musical non mi piacevano, ma mi toccava».

L’Italia intera ha pianto la morte di Baudo.

«Vorrei vedere per uno che ha fatto così tante cose! Ci ha regalato anni fantastici, i migliori varietà. Pippo era uno zio, era la storia della Rai».

Ma lei oggi guarda la tv?

«Ma sì, ci sono cose e persone piacevoli anche oggi. I programmi di successo sono gli stessi di un tempo fatti da altri. Ci sono giovani validi come Stefano De Martino, che è bravo effettivamente, che se la deve vedere con un vecchio programma condotto da un vecchio qual è Gerry Scotti. Il vintage va di moda. Se eri bravo da giovane lo sei anche da vecchio, pensi a Pippo o Mike. La gente si stufa di chi non è capace».

Lei ha lavorato con i più grandi: chi le manca?

«Pippo sicuramente, eravamo molto amici e abbiamo fatto cose belle insieme. E poi Sordi, Manfredi, Tognazzi: ho avuto la fortuna di conoscere grandi artisti con cui poi ho instaurato ottimi rapporti di amicizia. Penso anche a Vianello e Mondaini. Sandra mi chiamava ogni notte a mezzanotte per chiacchierare. Mi facevano una tenerezza enorme insieme, erano di una simpatia unica, anche se Raimondo non le risparmiava battute cattivelle ma micidiali».

Ce ne racconta una?

«Una volta una donna ferma Raimondo per strada. “Lei è il mio mito, la seguo sempre, ma il suo successo è anche merito di Sandra, una spalla straordinaria: le dovrebbe fare un monumento”. E lui: “glielo avevo fatto fare, ma poi è guarita”».

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