Manuela Blanchard: «Dissi no alle televendite e lasciai la tv. Ora riporto Bim bum bam a teatro»
Per anni al fianco di Paolo Bonolis nel celebre programma per bambini di Italia Uno, racconta l’addio alla televisione, i sogni da piccola, la scuola da psicanalista
«Prima i compiti e poi Bim bum bam». Per la generazione che oggi viaggia tra i 40 e i 50 anni il pomeriggio era scandito da due appuntamenti fissi: i compiti a casa ovviamente, e poi la trasmissione di Italia 1 con al suo interno tutti i cartoni animati. Appunto Bim bum bam, il cui volto femminile, dopo una prima fase con Licia Colò, era Manuela Blanchard, per anni al fianco di Paolo Bonolis, non ancora divo della tv, e che oggi sta portando in tour per i teatri italiani il “Bim bum party”, uno show che fa rivivere la magia degli anni Ottanta insieme a Marco Bellavia, al musicista Enzo Draghi e all’immancabile pupazzo Uan.
Manuela, per anni lei è stata l’idolo dei più piccoli, ma qual era il suo sogno da bambina?
«Ho cambiato idea tante volte. Prima volevo fare la parrucchiera. Vidi in tv “Il lago dei cigni” e allora volevo fare la ballerina classica. Poi la pattinatrice sul ghiaccio. Alla fine non ho fatto nulla di tutto questo».
Da piccola cosa guardava in televisione?
«Amavo un telefilm che non ricorda nessuno: “Gianni e il mago Alverman”. Per me è stato quello che per la generazione Ottanta è stato “Kiss me Licia”».
Come arriva al mondo dello spettacolo?
«La primissima cosa che ho fatto è un servizio fotografico per la rivista Lei, che era la parte giovanile di Vogue. Facevo ancora il liceo e una mia compagna mi disse: “vieni benissimo in foto”. Mi presentai in una grossissima agenzia di moda di Milano e mi presero. Loro, però, pensavano avessi 14 anni, ma quando scoprirono che ne avevo 18 e che non sarei cresciuta più mi invitarono a cambiare agenzia».
Poi arriva il cinema con Maurizio Nichetti e i Gatti.
«Frequentavo l’Accademia dei Filodrammatici, ma ai tempi non potevo lavorare né per il cinema né per la tv. Fu dopo che feci queste due particine. Con Nichetti ci sentiamo ancora: una persona squisita. Del film di Nini Salerno ricordo solo che facevo una sorta di valletta».
Un film premonitore, visto che poco approderà in tv.
«Dopo l’Accademia facevo molta pubblicità e mi presero per un programma di motori. Io non ne sapevo nulla. Quando mi chiesero “qual è il suo mezzo preferito?” io risposi: il cavallo. Fatto sta che in quel periodo mi chiamarono per fare gli annunci per Italia 1 insieme a Gabriella Golia. E dunque annunciavo anche “Bim bum bam” e pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto condurre quella trasmissione...».
E come arrivò ad affiancare Bonolis e Uan?
«Fui chiamata a fare un provino per Canale 5 per sostituire una persona. Un provino con Andy Luotto, Marco Columbro e il pupazzo Five. Non andò bene, ma il regista si ricordò di me quando Licia Colò lasciò e mi disse: tu sei la persona adatta. Andai senza alcuna aspettativa, invece mi presero».
Nel frattempo aveva affiancato Pippo Baudo su Rete 4.
«Sì, a “Un milione al secondo”. Pippo era un professionista pazzesco, tutto doveva andare per il verso giusto, altrimenti tirava fuori il suo bel caratterino».
Tornando a Bim bum bam, come era il clima in studio?
«Era come una famiglia ormai. Con Paolo e Giancarlo (Muratori, l’ideatore di Uan, ndr) l’affiatamento è arrivato nel giro di pochissimo tempo. Loro erano abituati a Licia e all’inizio entrare in un meccanismo che funzionava non è stato semplice, ma dopo il primo Telegatto è andata benissimo. Tra noi è scattato un feeling incredibile. Non c’erano copioni, ma solo canovacci. Tipo: Uan non ha fatto i compiti perché è uscito con una barboncina francese e mettevamo su tutta la storia. Ci divertivamo un sacco».
Con Bonolis vi sentite?
È tanto che non lo sento, ma mi hanno detto che dovrebbe venire a vederci a teatro...».
Com’era lavorare in quella Fininvest tra i senatori della tv?
«Li incontravamo ai Telegatti. Oppure al bar di Canale 5. Ho un bellissimo ricordo della Carrà: una vera signora. Il mio preferito era Raimondo Vianello, sia dentro che fuori la scena».
E Berlusconi?
«Incontravamo anche lui ai Telegatti o alle cene aziendali. Ma in studio non veniva. Era raro che i dirigenti scendessero dai piani alti: ci guardavano dai monitor».
Il suo cartone preferito?
«Posso essere sincera? Noi non guardavamo i cartoni. Stando sette o otto ore in studio non avevamo il tempo. Ricordo solo alcuni pezzettini di sigla per immettere il nostro registrato: mi piaceva Lady Oscar».
Perché si sciolse il trio con Bonolis e Uan?
«Fu una decisione dell’azienda, noi non ne sapevamo nulla. Tra l’altro funzionavamo, ma così decisero. Io a quel punto chiesi di fare cose in esterna, e venni anche in Sardegna, alla Sartiglia. Paolo restò un altro anno, ma poi non faceva più per lui e se ne andò».
Perché dopo la fine di Bim bum bam lasciò la tv?
«Mi offrirono televendite, ma non era quello che volevo fare e dissi no. Io proposi tutta una serie di cose che non andarono in porto, cose che poi dopo 10 anni sono state tutte realizzate. E così dopo avere bussato a varie redazioni mi rimisi a studiare e per altri vent’anni ho preso un’altra direzione: ho lavorato in uno studio medico, ho fatto la scuola da psicanalista. E ora dopo vent’anni è ritornato questo mondo con un’esperienza completamente diversa».
Ovvero riportare Bim bum bam nei teatri.
«È un successo pazzesco, la risposta del pubblico è incredibile. Arrivano con i figli che li guardano attoniti mentre ritornano bambini».
Un rimpianto nella sua carriera?
«Se avessi voluto continuare forse avrei dovuto insistere di più. Ma sono una persona che crede che la vita ti metta davanti a dei passaggi che devi accettare. E guardandomi indietro ho fatto benissimo. Non fare tv mi ha preservato da un certo accanimento egoico che si ha: mi è stato utile toccare con mano mondi diversi, meno fiabeschi e molto più vicini alla sofferenza delle persone reali».
Per cosa tornerebbe in tv?
«Prima del Covid avevo proposto un programma sulle persone che hanno fatto qualcosa per altre persone. Lo hanno realizzato The Pillow e lo hanno fatto benissimo. Quindi, bene così».
