La Nuova Sardegna

L’intervista

Roberto Angelini: «Il mio posto del cuore? Porto Ferro e il suo baretto»

di Francesco Zizi
Roberto Angeli chitarrista e Rodrigo D'Erasmo violinista
Roberto Angeli chitarrista e Rodrigo D'Erasmo violinista

Il chitarrista arriva in Sardegna con il violinista Rodrigo D’Erasmo

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Sabato sera, all’Ethno’s Festival Letterario di Martis – ideato da Elighe Aps con il contributo del Comune, della Regione e del programma “Salude&Trigu” della Camera di commercio – arrivano due musicisti che da anni modellano silenziosamente il suono della musica italiana. Roberto Angelini, chitarrista capace di trasformare ogni arpeggio in una storia, volto fisso del programma di La7 Propaganda Live e anima discreta dietro alcune delle produzioni più raffinate della scena romana come quelle di Niccolò Fabi. E Rodrigo D’Erasmo, violinista visionario, colonna portante della storia recente degli Afterhours, capace di portare il suo strumento oltre i confini dell’alternative rock, della classica e della sperimentazione. Insieme hanno creato “Il dominio della luce”, un progetto che non è solo un disco strumentale: è un attraversamento, un invito a lasciarsi guidare da suoni, immagini e parole fuori dal ritmo accelerato e ossessivo della quotidianità. A Martis, al centro polivalente Vincenzo Migaleddu, porteranno una versione unica, costruita per il festival . La serata si aprirà alle 21 con l’omaggio a Stefano Benni di Alessandro Carta, in collaborazione con il festival Fino a Leggermi Matto.

Angelini, cosa dobbiamo aspettarci sabato?

«Sarà un unicum. Il volo e la distanza ci costringono a lasciare a terra una parte del progetto, ma questo ci ha spinti a immaginare una versione speciale. Con me e Rodrigo ci sarà Sandro Bonvissuto, una delle voci narranti del disco, questa volta in carne e ossa. Ci sarà mio figlio diciottenne Gabriele, in arte Tenshi, al pianoforte, che si occuperà anche dell’opening act. Nel bis abbiamo preparato un omaggio a Nick Drake».

“Il dominio della luce” è un progetto che unisce musica, parole e immagini. Cosa volete che arrivi anche a chi ascolta lo ascolta?

«In realtà quando crei qualcosa secondo me è sano non pensare come e cosa arriverà. È un disco nato da una lunga amicizia: io e Rodrigo collaboriamo da più di vent’anni, e questo lavoro è stato un regalo reciproco. Prima è nato il disco, chiuso in quattro giorni, poi lo abbiamo lasciato decantare come un vino e solo dopo abbiamo pensato a trasformarlo in un’opera più ampia. Il contributo degli scrittori e delle immagini di Gianluigi Toccafondo gli ha dato tridimensionalità. Ma la base resta quella: due musicisti che mettono in comune la loro identità»

In Italia, e in Sardegna specialmente, si parla spesso della crisi dei luoghi della cultura: quali spazi secondo lei mancano oggi alla musica contemporanea?

«È vero che mancano i luoghi, sì, ma soprattutto mancano le persone che li abitano e li tengono vivi. La Sardegna, ad esempio, non è messa male, anzi ha una scena straordinaria: Iosonouncane, Daniela Pes, Matteo Leone, Ilaria Porceddu, come non citare Paolo Fresu e Salmo…».

Se dovesse dare un consiglio a un giovane che vuole fare musica?

«Credo che sia importante avere i modelli giusti. Ci sono artisti che sono riusciti ad arrivare al grande pubblico senza passare da determinati circuiti. Una casa discografica magari ti consiglia di fare un talent o ti guarda quanti followers hai sui social, ma quella non è musica. La musica è artigianato, non imprenditoria».

Lei è passato per la Sardegna anche questa estate, che legame ha con l’isola?

«L’ho scoperta tardi ma me ne sono innamorato. Non è semplice suonare qui a causa dell’insularità, lo sa chi vive sull’isola. Ad un certo punto però mi sono deciso: sono salito in macchina e partire dal sud e ho iniziato a visitarla». Il suo posto del cuore? «Porto Ferro e il suo Baretto: un piccolo paradiso terrestre dove sembra che tutto prenda una direzione diversa e giusta. C’è qualcosa di magico lì».

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