Evitare la solitudine non ci aiuta Usiamola per guardarci dentro
Non riusciamo più a isolarci come suggeriva Petrarca, perché incapaci di riflettere e di affrontare i nostri problemi
Il celebre sonetto di Francesco Petrarca “Solo et Pensoso” fa emergere numerose riflessioni, ed è interessante analizzare il significato di ciò che era e che è invece adesso la solitudine. Il poeta la descrive come un momento di totale isolamento dal mondo esterno, tramite la fuga nei «più deserti campi» senza alcun segno della presenza umana («ove vestigio human l’arena stampi»).
Oggi però il significato di solitudine ha assunto una piega diversa: noi siamo, sì, soli, ma non abbiamo più la capacità di dedicare al pensare il tempo della solitudine. Infatti la nostra società concepisce la solitudine solo in maniera negativa, qualcosa che si vuole (anzi, si deve) evitare a tutti i costi, ma che allo stesso tempo non si riesce a fare a meno di ricercare, anche se nella maniera sbagliata.
Con l’avvento della tecnologia, questo bisogno è ormai soddisfatto tramite la fuga nei dispositivi elettronici, nei social media: si tratta però di una solitudine illusoria, perché in realtà è un isolamento da ciò che siamo veramente, e che non vogliamo scoprire perché molto spesso sappiamo che ci fa male. Ci fa male perché chi siamo realmente non ci soddisfa, o ci fa paura; non riusciamo più a isolarci come Petrarca, perché incapaci di riflettere e di affrontare i nostri problemi.
Quello della solitudine è quindi un sentimento molto sentito, specie nella mia generazione, e io stessa mi ritengo complice di questo sistema deleterio. Molto spesso infatti ignoro il mio sentirmi sola, cerco di rifugiarmi e di scappare attraverso la musica o i social media, ma comprendo che ciò non migliorerà la mia condizione.
Quindi, ritengo che una soluzione a questo problema potrebbe essere il “risveglio” del pensiero da questo nostro ignorare la realtà, dal nostro “sonnambulismo”, e questo si può attuare liberandoci da attività che riempiono la nostra mente, concentrandoci su noi stessi e su cosa siamo davvero, svuotando il “sacco” del nostro io.
*Maria è una studentessa del liceo Azuni di Sassari