Un progetto comune per la gestione del porto
di Gianni Olandi
Le due società concorrenti pronte ad allearsi per superare le difficoltà Chiesto alla Regione di chiarire il concetto di “mancanza di interesse pubblico”
30 giugno 2017
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ALGHERO. Il recente provvedimento di annullamento dei due progetti per la riqualificazione del porto, assunto dopo circa tre anni di gestazione, ha di fatto rinviato a data destinarsi ogni ipotesi di rilancio della struttura portuale. Un impianto che pur avendo ottenuto nel corso del tempo ingenti finanziamenti pubblici non è mai riuscito, per ragioni diverse, a restituire al territorio, almeno in parte, quelle risorse che hanno consentito di avere una condizione strutturale di funzionalità come è quella attuale. Le motivazioni dell’annullamento regionale dei due progetti, presentati da Marinedì e dal Consorzio del porto, riferiscono di mancanza dell’interesse pubblico determinando incertezze che necessitano ancora di un chiarimento comprensibile.
Quelle progettualità, che avrebbero riversato sull'area portuale una quindicina di milioni di euro di investimenti privati, sono oggetto di una sorta di revisione tra i due proponenti al fine di realizzare un unico elaborato nel momento in cui saranno perfezionate dalla Regione le linee guida per la gestione dei porti, strumento ormai indispensabile per evitare ulteriori attese e rinvii e soprattutto mantenere quella condizione da astanteria dell’area portuale. Un progetto unico per un solo richiedente, previo evidentemente accordo tra le due realtà operative, che potrebbe trovarsi già pronto nel momento in cui dal Capo di Sotto dovesse essere pubblicato un nuovo bando pubblico per la gestione del porto catalano.
Le ipotesi di sviluppo annunciate quando venivano finanziati i consistenti interventi strutturali pubblici, per dighe, fondali e banchinamenti, le ricadute occupazionali, il ruolo socio economico nel contesto del territorio del Nord Ovest della Sardegna, sono state completamente disattese e sacrificate al vecchio adagio che vuole, in situazioni simili, che i costi strutturali vengano socializzati e gli utili privatizzati. L’affidamento in gestione dell’area portuale, indirizzo che giunge dalla Comunità Europea e al quale il governo nazionale si è adeguato, compreso quello regionale, e che per quanto attiene le concessioni demaniali andrà in scadenza nel 2020, aveva il senso di realizzare in anticipo quelle ipotesi di sviluppo. I progetti presentati facevano infatti preciso riferimento alle ricadute occupazionali, al nuovo impulso dalla nautica da diporto in transito, a una corposa riqualificazione dell’area con l’offerta di servizi di ordine specifico per la nautica ma anche di tipo commerciale. Da segnalare che tra i proponenti figura una società che già opera in altri contesti portuali, in Sardegna e nella penisola, con le correnti di traffico della nautica da diporto.
Ora conoscendo i tempi della burocrazia, ma anche della politica, è possibile che per quanto riguarda la “privatizzazione” si arrivi sul filo di lana alla scadenza del 2020 .
C’è a questo proposito anche un timore di fondo: che le valutazioni di merito dei progetti possano attingere non dai contenuti di ordine tecnico, dalla certezza degli investimenti e dalla garanzia reale degli stessi, ma da aspetti di natura politica o, addirittura, presunti tali. Una condizione che è riuscita a far perdere tre anni di tempo e quindi a rinviare a chissà quando ogni ipotesi di rilancio della struttura con l’unico risultato di tenere in vita quelle anomale posizioni di rendita che proprio la direttiva comunitaria vuole rimuovere in un ottica di rilancio economico e operativo delle aree portuali.
Quelle progettualità, che avrebbero riversato sull'area portuale una quindicina di milioni di euro di investimenti privati, sono oggetto di una sorta di revisione tra i due proponenti al fine di realizzare un unico elaborato nel momento in cui saranno perfezionate dalla Regione le linee guida per la gestione dei porti, strumento ormai indispensabile per evitare ulteriori attese e rinvii e soprattutto mantenere quella condizione da astanteria dell’area portuale. Un progetto unico per un solo richiedente, previo evidentemente accordo tra le due realtà operative, che potrebbe trovarsi già pronto nel momento in cui dal Capo di Sotto dovesse essere pubblicato un nuovo bando pubblico per la gestione del porto catalano.
Le ipotesi di sviluppo annunciate quando venivano finanziati i consistenti interventi strutturali pubblici, per dighe, fondali e banchinamenti, le ricadute occupazionali, il ruolo socio economico nel contesto del territorio del Nord Ovest della Sardegna, sono state completamente disattese e sacrificate al vecchio adagio che vuole, in situazioni simili, che i costi strutturali vengano socializzati e gli utili privatizzati. L’affidamento in gestione dell’area portuale, indirizzo che giunge dalla Comunità Europea e al quale il governo nazionale si è adeguato, compreso quello regionale, e che per quanto attiene le concessioni demaniali andrà in scadenza nel 2020, aveva il senso di realizzare in anticipo quelle ipotesi di sviluppo. I progetti presentati facevano infatti preciso riferimento alle ricadute occupazionali, al nuovo impulso dalla nautica da diporto in transito, a una corposa riqualificazione dell’area con l’offerta di servizi di ordine specifico per la nautica ma anche di tipo commerciale. Da segnalare che tra i proponenti figura una società che già opera in altri contesti portuali, in Sardegna e nella penisola, con le correnti di traffico della nautica da diporto.
Ora conoscendo i tempi della burocrazia, ma anche della politica, è possibile che per quanto riguarda la “privatizzazione” si arrivi sul filo di lana alla scadenza del 2020 .
C’è a questo proposito anche un timore di fondo: che le valutazioni di merito dei progetti possano attingere non dai contenuti di ordine tecnico, dalla certezza degli investimenti e dalla garanzia reale degli stessi, ma da aspetti di natura politica o, addirittura, presunti tali. Una condizione che è riuscita a far perdere tre anni di tempo e quindi a rinviare a chissà quando ogni ipotesi di rilancio della struttura con l’unico risultato di tenere in vita quelle anomale posizioni di rendita che proprio la direttiva comunitaria vuole rimuovere in un ottica di rilancio economico e operativo delle aree portuali.