La Nuova Sardegna

Alghero

Alghero, l’ospedale Marino fa gola a un gruppo di investitori arabi

di Gian Mario Sias
Alghero, l’ospedale Marino fa gola a un gruppo di investitori arabi

L’acquisto dell’ospedale rappresenterebbe l’anello di congiunzione di un investimento più grande  Il progetto prevede la realizzazione di campi da golf tra Bosa e Stintino e un centro ippico a Surigheddu

20 agosto 2017
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ALGHERO. L’idea di trasformare l’ospedale marino in un hotel extra lusso fronte mare è tutto meno che una frottola. Il progetto poggia su solide basi economiche. I capitali cinesi, per intendersi, sarebbero una sorta di partita di giro dietro cui si celerebbero gli interessi di alcuni importanti gruppi economici degli Emirati Arabi. Certo, non è il momento più opportuno per parlare di certe cose, tanto più all’indomani dei fatti di Barcellona, che rendono ostile il clima verso le economie che avanzano dalla penisola arabica. Ma di fatto l’ospedale marino rappresenterebbe l’anello di congiunzione di tre progetti molto grandi, di dimensione decisamente fuori dalla portata di amministratori e classe imprenditoriale locale, che hanno testa e portafoglio in quelle zone.

Tre idee di cui la Regione sarebbe al corrente, e attraverso le quali la Riviera del corallo diventerebbe una risposta a quanto succede in Costa Smeralda in tema di sanità, trasporti e turismo. Il progetto più grande riguarda il controllo dei voli in Sardegna: al momento è quello meno avanzato perché il passaggio di Sogeaal nelle mani di F2i fa venire meno una serie di condizioni necessarie all’avvio di qualsiasi trattativa. Il secondo è l’idea di impiantare alberghi, campi da golf e ippodromi su un territorio turisticamente considerato ancora vergine, che va da Bosa a Stintino. Rientrano in questo progetto anche Surigheddu e Mamuntanas, che potrebbero ospitare un centro di eccellenza per l’ippica, e Maria Pia, epicentro del Master Plan alberghiero su cui cadono, inesorabilmente, tutte le amministrazioni comunali e tutti i tentativi di approvare il Puc di Alghero. A sbloccare la situazione potrebbe essere il terzo progetto, che rappresenterebbe la svolta per tutta l’operazione: la creazione di un polo sanitario di eccellenza. Quasi come il Mater Olbia. Quasi, perché non necessariamente dovrebbe trattarsi di una struttura privata: l’ipotesi è quella di un project financing per la realizzazione del nuovo ospedale di Alghero, che riunisca in una struttura unica servizi di eccellenza, liberando il marino dai vincoli che ne proibirebbero un uso diverso da quello sanitario. Se il sindaco di Alghero, Mario Bruno, ha escluso categoricamente la possibilità che il trasferimento di Traumatologia al civile sia il primo passo verso un irreversibile processo di riconversione turistica della struttura sanitaria di viale I maggio, c’è chi affronta la questione diversamente. «Se la proposta è seria vale la pena approfondire e non avere preconcetti», afferma Enrico Daga, presidente provinciale della Fipe Confcommercio, imprenditore turistico, consigliere comunale ed esponente di spicco del Pd algherese. «Un hotel cinque stelle in più in città, riconvertendo al servizio del turismo di qualità volumi edilizi adagiati sulle acque del litorale algherese, sarebbe una scelta di grande lungimiranza – sostiene – anche alla luce del fatto che la talassoterapia, per cui alcuni ospedali pubblici sono sorti in posti così felici, è consegnata oramai alla storia». Non solo. «Uno dei fattori del declino della nostra destinazione è la carenza cronica di posti letto alberghieri di alta qualità», insiste il politico e imprenditore, secondo cui «la buona sanità non può essere legata dogmaticamente a un luogo».

Prima, però, «serve capire qual è la posta in palio, il progetto industriale e il vantaggio per il pubblico interesse». Sì, perché «affinché l’affare lo faccia la città intera serve la certezza che i proventi della vendita del marino coincidano con la realizzazione di un ospedale nuovo, una struttura moderna, funzionale, ospitale, in cui i servizi sanitari dei due ospedali attuali possano convivere». Dopo anni, il dibattito è ufficialmente riaperto.

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