La Nuova Sardegna

Alghero

Monte Ricciu e Matteatu, tutto da rifare

di Gian Mario Sias
Monte Ricciu e Matteatu, tutto da rifare

Il reato, lottizzazione abusiva, è già prescritto a causa degli avvicendamenti che si sono succeduti nel tribunale di Sassari

22 settembre 2017
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ALGHERO. Il rischio è che tutto debba ricominciare daccapo. È quello che non si augura nessuno. Non se lo augurano i novanta imputati che stanno a valle e non se lo augurano i cinquanta che stanno a monte, non se lo augurano i loro avvocati ma in fondo non se lo augura neanche la Procura. Perché una vicenda giudiziaria che resta in piedi per così tanto tempo e si conclude con la necessità di ripartire da zero è una sconfitta per tutte e non produce giustizia, in nessun caso. Di fatto, però, esiste la possibilità che il prossimo 25 ottobre, anziché mettere la parola fine per sempre sull’odissea giudiziaria di Monte Ricciu e Matteatu, le due aree in cui le opere di edilizia privata sono state bollate come abusi dalla Procura di Sassari, rappresenti invece l’inizio di un nuovo iter processuale. Nuovo dibattimento, prove, testimonianze, dati, atti, dichiarazioni, perizie: come se tutti questi anni non fossero serviti a niente. Come se la gogna pubblica non avesse già condannato i proprietari dei terreni, i tecnici coinvolti, i titolari dei lotti, ma forse è più corretto parlare di frazioni di terreno, e delle abitazioni. Monte Ricciu e Matteatu sono divisi dalla strada che da Rudas porta ad Alghero. Subito dopo Mamuntanas e Carrabufas, i primi avamposti possono essere colti a occhio nudo già percorrendo la strada, su entrambi i lati. Uno stuolo di imputati e di avvocati vanno e vengono da quasi dieci anni in attesa che qualcuno decida se si trattò in effetti di lottizzazioni abusive, come da imputazione. Secondo gli inquirenti dell’epoca, in quelle zone agricole non poteva essere autorizzata un’operazione edilizia del genere. Così nel mirino della magistratura erano finiti i proprietari dei terreni incriminati, ma anche un discreto numero di tecnici comunali e, infine, un lunghissimo elenco di persone, per lo più algheresi, che avevano acquistato con il sogno di una casetta in campagna. In qualche caso doveva trattarsi della prima abitazione, nella maggior parte dei casi del buon ritiro per il tempo libero. Ma la teoria dell’accusa è che lì potessero sorgere giusto delle piccole casette in appoggio all’attività agricola. Al di là dei torti e delle ragioni, succede che ormai quei reati sono prescritti. Gli avvicendamenti nel Tribunale di Sassari hanno impedito di arrivare a una conclusione. L’ultimo giudice che si è occupato dei due casi è Giancosimo Mura, che aveva ereditato i faldoni da Teresa Castagna e che però dal primo settembre è stato trasferito nell’ufficio del giudice per le indagini preliminari. Due mattine fa le due vicende sono riapprodate in aula, ma solo per il tempo di fissare la prossima udienza al 25 ottobre. Di turno c’era infatti il giudice onorario Antonietta Crobu, la cui competenza non si estende per legge a casi del genere. Nonostante la prescrizione sia già assodata, c’è un problema: la legge italiana non impedisce la confisca dei beni pur dinanzi a una sentenza di prescrizione. Per le norme comunitarie questo sarebbe impensabile, ma la giurisprudenza tiene in apprensione i proprietari di Monte Ricciu e Matteatu e i loro avvocati. Anche perché l’orientamento del tribunale di Sassari sembrava ormai chiaro: dinanzi alla prescrizione, nessuna confisca. Il problema è capire se il giudice che prenderà in carico le due vicende condividerà questo orientamento. In caso contrario, i legali della difesa potrebbero chiedere un’assoluzione nel merito senza consentire la rinnovazione degli atti. Tradotto: sarebbe tutto da rifare.

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