La Nuova Sardegna

Alghero

«Una rotonda al posto del Caval Marì»

«Una rotonda al posto del Caval Marì»

La provocazione lanciata dall’artista e operatore culturale Pier Luigi Alvau

23 novembre 2019
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ALGHERO. «Il Caval Marì? Buttiamolo giù». È la provocazione lanciata dall’artista e operatore culturale Pier Luigi Alvau. «Lì un tempo c’era “una rotonda sul mare” e uno chalet chiamato “Cavallino Bianco” – ricorda – ma negli anni Cinquanta è stato smantellato per far posto a quell’orrenda costruzione realizzata nel 1960, dove un anno dopo è stato inaugurato il night club “El Fuego”». L’annuncio dell’amministrazione comunale di voler riprendere in mano quell’esempio di cattiva gestione del patrimonio immobiliare pubblico, abbandonato ormai da anni e in pessimo stato, ha scatenato un dibattito che viaggia tra realtà e mondo virtuale.

Alvau, mentre si discute sul futuro della struttura con diverse ipotesi che pescano dal passato e qualcuna che prefigura nuove destinazioni, va ancora più indietro nel tempo e rilancia un’idea lanciata già un anno e mezzo fa, ma senza incontrare l’attenzione dell’allora amministrazione comunale. Ora propone un moto popolare. «Lancio la “crociata” per l’abbattimento dell’attuale rudere e il ripristino della rotonda – spiega – vogliamo raccogliere firme, costituirci in comitato? Facciamo qualcosa per far sentire la voce di chi vuol rivedere l’intero panorama del golfo dal lungomare Dante e contrastare chi invece vorrebbe un improvvido restauro di un manufatto superato anche per l’utilizzo originario». Il suo timore è che finisca come sempre. «Dare in gestione a chissà quale privato per aprire un eventuale “nuovo” pubblico esercizio, con affitto da quattro soldi al Comune e la illusoria scusa di dare immaginari posti di lavoro», è la sua sintesi. «Io invece propongo un utilizzo pubblico di quello spazio, dove i bambini possano giocare liberamente con attorno panchine con mamme che chiacchierano tra loro mentre vigilano i figli», insiste. «Una visione così idilliaca non è impossibile», aggiunge, invitando ad «andarci piano con eventuali “punti di ristoro” mentre attorno ci sono abbastanza bar, gelaterie e ristoranti».

Al netto di qualsiasi considerazione, conclude Alvau, «la fine più brutta sarebbe restaurare un manufatto che dal punto di vista paesaggistico e ambientale è un obbrobrio, spendendo un’infinità di danari pubblici, per darlo poi in “graziosa” concessione a fini privatistici». La sua sensazione è che l’orientamento di questa amministrazione come della precedente sia un altro. «Spero che almeno si apra un sereno dibattito, sia in ambito politico che tra i cittadini». (g.m.s.)

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