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Cagliari

La protesta

Portovesme, secondo giorno sulla torre: i 4 operai non scenderanno fino all’incontro con il governo

Portovesme, secondo giorno sulla torre: i 4 operai non scenderanno fino all’incontro con  il governo

Sono asserragliati nella torre a oltre 100 metri d'altezza per chiedere interventi che salvino il futuro dello stabilimento e dei suoi lavoratori

01 marzo 2023
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Portovesme Una nottata di temporali, pioggia battente e freddo. E poi una giornata grigia e gelida, un ritorno d'inverno ampiamente annunciato. Ma loro, i 4 operai della Portovesme srl che da ieri all'alba sono asserragliati nella torre a oltre 100 metri d'altezza per chiedere interventi che salvino il futuro dello stabilimento e dei suoi lavoratori, di scendere non ne hanno nessuna intenzione. L'hanno detto chiaramente: abbandoneranno il loro Aventino solo quando arriveranno notizie, e risultati, dall'incontro a Roma di venerdì prossimo. Prima, non se ne parla: «Abbiamo viveri a sufficienza per restare qua molti giorni», dicono. Da oggi la Portovesme srl avvia le procedure per la cassa integrazione di 550 dipendenti diretti, provocando a catena i licenziamenti nelle ditte d'appalto che operano all'interno degli impianti della fabbrica di piombo e zinco nel polo industriale di Portoscuso. Un vero e proprio dramma, per un territorio già provato da una situazione economica ai limiti del sostenibile, secondo diversi studi che si sono susseguiti negli anni la provincia più povera d'Italia, nel sud ovest della Sardegna. Lì, dove l'illusione industriale ha alimentato sogni per poi lasciare macerie, gli operai, i sindacati, i cittadini, richiamano l'attenzione della politica. Che assicura e rassicura ma, finora, risultati a casa non ne ha portati. "E' il momento che il presidente Solinas faccia seguito alle sue promesse", dice il segretario regionale della Cgil, Fausto Durante.La protesta dei lavoratori della Portovesme srl riporta con forza al centro dell'attenzione politica il tema del caro energia in un momento in cui il sistema produttivo deve far fronte all'obbligo della decarbonizzazione a vantaggio delle fonti rinnovabili. In Sardegna, in particolare, il dibattito si è acceso alla luce delle numerose richieste di installazione di impianti eolici e fotovoltaici. Secondo i dati Terna aggiornati al 31 gennaio nell'isola sono state presentate 617 pratiche con richieste di connessione di futuri impianti, oltre il 66% di eolico offshore e inshore, con una dichiarata potenza produttiva complessiva di quasi 55 GigaWatt. Ed è proprio questa la causa principale della crisi dell'azienda: il costo dell'energia, che in Sardegna è più alto che nel resto d'Italia segnando il destino delle aziende energivore.Nel pomeriggio è iniziata l'assemblea dei lavoratori all'interno dello stabilimento. La parola d'ordine è non mollare, facendo leva sulla politica, regionale e nazionale, che in qualche modo intervenga a salvare una situazione disperata. (Sara Panarelli / LaPresse)

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