Gavino Pira: «Accusato per anni dal dentista»
NUORO. «I Rocca? La sera dell’omicidio, intorno alle 22.15, mi avevano fatto chiamare da mio cugino Andrea Mulas. Mi hanno chiamato per sapere se avevo notizie sulla scomparsa di Dina. La mattina...
NUORO. «I Rocca? La sera dell’omicidio, intorno alle 22.15, mi avevano fatto chiamare da mio cugino Andrea Mulas. Mi hanno chiamato per sapere se avevo notizie sulla scomparsa di Dina. La mattina dopo, sempre Andrea Mulas, mi dice che l’avevano trovata morta. Con i Rocca, comunque, eravamo in buoni rapporti, almeno per i primi tempi. Dopo erano uscite queste voci, fatte uscire da Francesco Rocca, che ero implicato come mandante dell’omicidio». Quarantaquattro anni non ancora compiuti, allevatore, Gavino Pira comincia a parlare in udienza nel primo pomeriggio e ostenta sicurezza e tranquillità. «La polizia cominciava a guardarmi male. Trovavo continue microspie nella macchina – spiega alla corte d’assise – allora ho chiesto un incontro chiarificatore con Francesco Rocca. Avevo saputo che stava facendo il mio nome per la storia del terreno conteso. Ma in realtà quel terreno non c’entrava nulla. e non è vero neanche che ho fatto io il nome di Raffaele Arzu. Io, Arzu, lo conoscevo da quando non era ancora latitante. Comunque a Francesco ho detto che la smettesse di continuare a cercare me, a fare il mio nome. Ma poi lo ha fatto di nuovo, e sulla stampa usciva sempre la vicenda del terreno conteso». «Ha mai parlato con Antonello Cossu di Dina Dore?» gli chiede poco dopo, l’avvocato Angelo Manconi. «Conosco Cossu – risponde lui – ma non ho mai parlato con lui di Dina Dore». «Dalle indagini – continua l’avvocato Manconi – risulta che Andrea Sanna due giorni prima che lei venisse sentito dagli investigatori, le ha chiesto “Ti hanno interrogato?”». Ma Pira nega questa circostanza. Dopo di lui, in udienza, depongono come testi altri gavoesi, tutti piuttosto giovani, che facevano parte della stessa cerchia di amicizie di Pierpaolo Contu e di Stefano Lai. (v.g.)