Profughi in rivolta: vogliamo andare via
Ventisei migranti stanchi di vivere in un agriturismo isolato vicino a Tonara hanno manifestato davanti alla Questura
NUORO. «Ci trattano male, vogliamo andare via da lì». Per l’intera giornata hanno protestato davanti alla questura: 26 migranti hanno chiesto di andare via dall’agriturismo “Monte ’e Susu”, a sette chilometri da Tonara, che li ospita da mesi. La rivolta dei profughi – sbarcati nell’isola nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum, in parte a luglio e in parte a febbraio – è cominciata presto. Alle otto, 26 dei 51 ospiti della struttura, sono saliti su un pullman di linea e hanno raggiunto Nuoro, decisi a denunciare il loro malcontento. Schierati uno a fianco all’altro, hanno cercato di spiegare con un italiano stentato la loro protesta. Usando spesso parole dure.
«Ci trattano come animali, non vogliamo più stare lì», ha detto Aly Shiafqat, un pachistano di 29 anni. È lui, che un po’ più degli altri riesce a esprimere qualche concetto in italiano, a farsi portavoce della protesta. «Dove siamo noi, ci sono solo boschi. Siamo isolati, in mezzo al nulla. Il paese è lontano. Da cinque mesi non vediamo nessuno...» ripete Aly. E intorno a lui, tutti a lamentarsi. Chi per il cibo, chi per gli orari, chi per il comportamento di chi li ospita. Arrivano soprattutto dal Pakistan e dal Bangladesh, qualcuno dal Gambia. Sono tutti giovani. Facce tese, speranze infrante da una realtà trovata in Sardegna forse diversa da quella sognata.
Di tornare a Tonara dicono di non volerne sapere. Stanno davanti al palazzo di viale Europa per ore. Solo in serata, dopo l’intervento dei funzionari della questura e della prefettura, la protesta rientra. Sono le 19, quando un pullman reperito dalla Prefettura va a prenderli per riportarli lassù a Monte ’e Susu, dove per tutto il giorno avevano detto di non voler tornare.
«Si lamentano per la sistemazione logistica e per come sono trattati, e sono venuti a rappresentarci questi problemi – ha spiegato il vice questore aggiunto, Fabrizio Mustaro, al termine di una mattinata di incontri, insieme al dirigente della Digos, Boris Davide –. Abbiamo raccolto le loro lamentele e faremo le verifiche insieme alle autorità competenti perché la questura non gestisce i problemi logistici e di ospitalità».
La protesta dei profughi – tutti in attesa del riconoscimento (o meno), da parte della Commissione, dello status di rifugiato – in realtà era cominciata il giorno prima. Martedì sera, i 26 manifestanti si erano allontanati dall’agriturismo dicendo al titolare che non sarebbero rientrati. Erano andati dai carabinieri e dal sindaco, che ha messo a loro disposizione una scuola, dove hanno trascorso la notte. Poi, ieri mattina la decisione di salire su un pullman e manifestare davanti alla questura.