Bancarotta da 12 milioni: coniugi ai domiciliari
Artifici contabili per far uscire dalla società un vero e proprio fiume di denaro La procura di Lanusei ha disposto il sequestro di 150mila euro e di un terreno
ARBATAX, Gli uomini della tenenza della Guardia di finanza di Arbatax, guidata dal tenente Emidio Agrello, hanno denominato “Dirty Oil” un’operazione durata circa due anni che ha portato all’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di marito e moglie (Mario Pischedda e Carla Melis, entrambi ai domiciliari), con l’accusa di bancarotta fraudolenta aggravata da 12 milioni di euro. È stato effettuato il contestuale sequestro di disponibilità finanziarie per un valore di oltre 150mila euro e di un terreno agricolo di 4.500 metri quadri.
Le fiamme gialle della tenenza di Arbatax hanno portato avanti una complessa attività investigativa in materia di reati fallimentari, coordinata e diretta dalla procura della Repubblica di Lanusei. Le indagini, durate quasi due anni, sono partite dalla constatazione del grave, ed ormai insanabile, stato di insolvenza in cui versava una società operante nel settore della vendita di prodotti petroliferi – sarebbe stato di oltre 16 milioni di euro il passivo relativo ad una lunga serie di cartelle esattoriali – che ha indotto il procuratore della Repubblica a richiedere il fallimento della società al tribunale di Lanusei.
E dallo stesso, dichiarato dal tribunale nel marzo 2014, sono scaturite, quindi, complesse indagini economico-finanziarie volte all’accertamento di eventuali ipotesi di reati societari e/o fallimentari. L’esame degli atti di gestione, dei conti correnti e della contabilità avrebbe permesso di accertare una consistente (nonché sistematica e protratta nel tempo) serie di distrazioni patrimoniali perpetrate a danno della società fallita.
Magistrato e finanzieri avrebbero ricostruito le cause del dissesto della società e le singole responsabilità che hanno portato l’azienda al fallimento, sembrerebbe facendo uscire dai conti societari, grazie ad artifici contabili, un vero e proprio fiume di denaro, con un buco di 12 milioni di euro, ai danni principalmente dell’erario. Le indagini bancarie-finanziarie avrebbero infatti permesso di accertare numerose distrazioni di denaro dalle casse della società fallita.
Dalle indagini pare sia emerso che, sin dai primi anni di attività, la società fallita si sarebbe impropriamente “finanziata” ai danni dell’erario non versando sistematicamente le consistenti imposte dovute.