A New York impazzano i malloreddos made in Nuoro
Il successo della pasta fatta in casa al ristorante di Manhattan di Francesca e Daniele Fiori
NUORO. Classica “canistredda”, il piccolo cestino, sgraffignata dalla cucina per l’occasione, rotolo di pasta fresca stretto tra le mani, e via a stendere la sfoglia sul tavolino con la stessa maestrìa di una provetta casalinga nuorese. Se non fosse per gli inconfondibili taxi gialli che sfrecciano a pochi metri fuori dal locale, all’886 della Amsterdam avenue, e per le frasi in perfetto slang newyorkese che arrivano dalle sedie vicine, potrebbero essere a tutti gli effetti le prove tecniche di pasta fresca che vanno in onda in una cucina barbaricina. E invece è il cuore dell’Upper west side, a Manhattan, a pochi minuti dalla zona nord-ovest di Central Park.
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Trentacinque anni, nuorese, figlio di Brunello e di mamma Maria Luisa, Daniele Fiori fino a qualche anno fa faceva l’assicuratore. Fino a quando sua sorella Francesca ha mollato un lavoro sicuro a Milano per tentare l’avventura a New York. E alla fine, dopo tanto impegno, sudore e gavetta trascorsa a fare la cameriera, anche per lei che i suoi amici più intimi chiamano Chicca, il sogno americano è diventato realtà. Un ristorante aperto a Manhattan, il lavoro che ingrana, la soddisfazione di vedere che sì, da qualche parte al mondo il merito viene riconosciuto. È la bellezza di New York city: una metropoli che sprizza energia e speranza. Il successo e la svolta, lì, sembrano sempre dietro l’angolo.
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E così, quattro anni dopo che Daniele saluta Nuoro, abbraccia gli amici, convince i genitori che non è un pazzo neanche lui che sta lasciando un lavoro sicuro, e raggiunge la sorella Chicca, il ristorante che i due fratelli hanno aperto, l’”Arco-cafè”, è diventato un punto di ristoro e di buona cucina sarda, e nuorese in particolare, per tutta Manhattan.E Daniele, proprio quel Daniele che a Nuoro in tanti ricordano rincorrere un pallone sui campi dell’Atletico, impasta malloreddos come nemmeno una massaia di Santu Predu forse saprebbe fare.
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«La ricetta migliore – spiega con semplicità mentre continua a impastare – è sempre quella che ha la resa migliore per chi la realizza». Poi sorride, mentre i genitori andati a trovarlo a New York insieme a una ristretta delegazione del comitato Monte Ortobene, lo guardano orgogliosi, e spiega che sì, ora non ha più il tempo di farla lui, tutta la pasta fresca, e che un cuoco preparato a dovere e alcune attrezzature gli consentono di sfornarne di più: ben 80 chili alla settimana. «Ma usiamo sempre le materie prime genuine, e tanti prodotti di Nuoro – dice – e ci piacerebbe tanto pensare a un marchio».