La Nuova Sardegna

Nuoro

Tragedia nella cava, in quattro dal Gup

di Paolo Merlini
Tragedia nella cava, in quattro dal Gup

Titolare, capo cantiere, responsabile della sicurezza e direttore dei lavori accusati dell’omicidio colposo di Antonello Mereu

20 maggio 2016
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NUORO. Non sarebbe stata una rovinosa caduta a provocare, due anni fa in una cava di Orosei, la morte di Antonello Mereu, ma la violazione delle più elementari norme di sicurezza da parte dei datori di lavoro. Questo ritiene, almeno, il sostituto procuratore Andrea Vacca che ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro persone con l’accusa di omicidio colposo. Sono Giovanni Mele, titolare della società che gestisce la cava, il capo cantiere Antonio Monne, il responsabile del servizio di prevenzione all’interno dello stabilimento Sergio Floris e il direttore dei lavori Ignazio Masala. L’udienza preliminare si svolgerà il 31 maggio.

Non sarebbe stata dunque una banale e tragica scivolata a causare il 13 marzo 2014 la morte del cavatore, un dorgalese di appena 24 anni, ma con tutta probabilità «negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme di prevenzione degli infortuni». La versione della caduta era stata sostenuta nell’immediatezza dei fatti dai colleghi di lavoro, ma non aveva convinto i carabinieri della compagnia di Siniscola, coordinati dal capitano Andrea Senes. Il corpo senza vita di Mereu era stato trovato attorno alle 7 del mattino, ai piedi un blocco di marmo che stava squadrando. Non indossava il casco protettivo, e la tesi dei responsabili della cava fu che era scivolato a causa del fango, battendo la testa. In realtà le lesioni riportate erano tali da autorizzare il sospetto che la morte fosse avvenuta durante la piena attività lavorativa, probabilmente mentre era intento al taglio del marmo. Aveva perso moltissimo sangue e aveva il cranio sfondato. In seguito, la perizia necroscopica del medico legale Vindice Mingioni fugò ogni dubbio sul fatto che tali lesioni potessero essere state provocate da una caduta.

Le successive fase delle indagini appurarono così che l’incidente era avvenuto mentre Mereu era intento alle operazioni di taglio di un blocco di marmo per mezzo di un filo diamantato. Durante la preparazione, con la macchina in funzione, il giovane operaio si era aiutato con una barra metallica con la quale aveva urtato accidentalmente il filo diamantato in funzione: la barra era stata trascinata con violenza e aveva colpito Mereu in pieno volto, provocando una ferita che ne aveva causato la morte istantanea.

Secondo gli inquirenti, l’incidente fu causato dall’assenza delle più elementari condizioni di sicurezza nella cava. In particolare, i quattro indagati sono accusati di aver omesso l’individuazione dei pericoli, la valutazione dei rischi a questi associati, e più esattamente «la quantificazione del rischio e l’espressione di un giudizio di accettabilità del rischio»; ancora, la definizione di adeguate misure di prevenzione e protezione. Tutte responsabilità che la pubblica accusa attribuisce al capo cava Antonio Monne (53 anni, di Orosei), che «impartiva istruzioni ai lavoratori senza peraltro presenziare e sorvegliare l’attività», e al responsabile del servizio di prevenzione e protezione Sergio Floris (64 anni di Cagliari), che «ometteva di rilevare e segnalare la situazione di rischio». Ma anche, sempre secondo la ricostruzione del sostituto procuratore Vacca, a Giovanni Mele (69 anni, di Dorgali) e Ignazio Masala (63 anni, di Cagliari), rispettivamente titolare della ditta “Mele Giovanni e Figli srl” e direttore dei lavori, che «omettevano di attivarsi positivamente per organizzare l’attività lavorativa in modo sicuro». In tal caso, si creava una «situazione di rischio inaccettabile nel corso della quale la concreta condotta di Mereu si poneva quale causa diretta della morte». Per questi motivi, viene chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo e cooperazione colposa. Floris e Masala sono difesi dall’avvocato Pasqualino Moi, mentre Mele e Monne da Sergio Ballarini.

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