La Nuova Sardegna

Nuoro

l’inchiesta tra sardegna e svizzera

I reperti resteranno nel Nuorese

di Valeria Gianoglio
I reperti resteranno nel Nuorese

Dopo le analisi saranno donati al Comune scelto dal collezionista

07 luglio 2016
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NUORO. Pastori di giorno, tombaroli di notte, e con buone conoscenze oltre Tirreno in grado di metterli in contatto con i ricconi della Svizzera amanti dell’arte e dell’archeologia. L’inchiesta per ricettazione aperta dalla Procura di Nuoro dopo il ritrovamento da parte dei carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale di Cagliari, dei 427 reperti recuperati da Lugano, punta dritta proprio al mondo agropastorale del centro Sardegna.

Secondo il comandante del nucleo, Paolo Montorsi, infatti, quelle centinaia di preziose testimonianze dell’età nuragica riportate in Sardegna dopo una trattativa diplomatica, sarebbero frutto degli scavi illegali eseguiti soprattutto da allevatori sardi che conoscono come le loro tasche i terreni, gli anfratti e le grotte dell’isola. Anche le cronache isolane del recente passato, del resto, testimoniano che il mondo agropastorale sia spesso il principale fornitore di reperti per i ricettatori della Penisola.

«Ma si tratta solo dell’ultimo anello – spiega il comandante Montorsi – perché nella Penisola, poi, ci sono gli altri livelli di questa catena che punta poi a rifornire i ricchi collezionisti, e in Svizzera ce ne sono tanti».

Il caso scoperto negli ultimi mesi, ovvero la storia dell’emigrato sardo in Svizzera che in punto di morte decide di far tornare la sua collezione di reperti in Sardegna, non è dunque un caso isolato. La vera sfida per gli investigatori, da adesso in poi, sarà risalire alla sua identità, perché gli avvocati dello studio legale di Lugano che sinora ne hanno curato gli interessi non hanno voluto rivelarla agli inquirenti. I carabinieri, per ora, conoscono quantomeno il nome del comune della provincia di Nuoro al quale il ricco emigrato sardo in Svizzera aveva deciso di restituire i 427 reperti.

Per ora, quelle preziose testimonianze dell’epoca nuragica e dell’epoca romana, sono ancora nelle mani degli esperti della Soprintendenza dei beni archeologici di Nuoro e Sassari: dovranno essere analizzati con cura per cercare di capire con esattezza da dove potrebbero essere stati prelevati. L’ipotesi più accreditata, al momento, è che la maggior parte di quei reperti provengano proprio dalla provincia di Nuoro.

Dopo che le analisi verranno concluse, comunque, i reperti, rientrati a tutti gli effetti nel patrimonio dello Stato italiano, a quanto emerso nelle ultime ore verranno donati proprio al comune scelto dall’emigrato sardo nel suo testamento. In qualche modo, dunque, le ultime volontà che il collezionista sardo trapiantato in svizzera aveva espresso nelle sue ultime memorie.

Nel suo testamento, infatti, lo aveva specificato con cura: «Voglio che la mia collezione di reperti torni in Sardegna», e aveva precisato anche il comune al quale voleva donare i reperti. Non è escluso, dunque, che già nelle prossime settimane il suo ultimo desiderio si traduca in realtà.

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