La Nuova Sardegna

Nuoro

I cacciatori si scontrano sugli ambiti territoriali

di Francesco Pirisi
I cacciatori si scontrano sugli ambiti territoriali

Loi: «Gli Atc provinciali non sono la soluzione per la tutela dell’ambiente» Ma una parte dell’Ucs chiede l’adeguamento della normativa regionale

10 agosto 2016
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NUORO. Prima che scatti la stagione venatoria iniziano le polemiche. Questa volta lo scontro è per intero dentro lo stesso mondo dei cacciatori. Ci si divide sugli Atc, gli ambiti territoriali di caccia, della legge nazionale del 1992, che la Regione non ha recepito. Non una dimenticanza, ma una scelta con delle ragioni ben precise.

Almeno a sentire una parte dei cacciatori. Marco Loi, dirigente ogliastrino dell’Ucs, l’Unione cacciatori di Sardegna: «All’interno dell’associazione si è contrari agli Atc provinciali e anche a quello regionale. Non sono la soluzione per la tutela dell’ambiente e l’equilibrio tra prelievo venatorio e mantenimento delle specie. Meglio istituire dei comitati comunali, che disciplinino l’attività».

Da parte di Loi una risposta all’altro dirigente dell’associazione, il nuorese Lallo Manca, che per anni ha guidato il comitato faunistico della Provincia. Nei giorni scorsi Manca ha rinnovato l’appello indirizzato all’assessorato regionale dell’Ambiente (guidato da Donatella Spano) affinché la Sardegna si metta in regola con la normativa nazionale, dopo ben ventiquattro anni di anarchia e un calendario venatorio precario per il mancato avvio degli Atc: «Una costruzione giuridica e territoriale necessaria, visti i compiti assegnati agli Atc per la gestione dell’attività venatoria e impedire una caccia indiscriminata».

Parole prese da alcune parti del mondo delle doppiette come il tentativo di chiudere i boschi e le pianure del Nuorese all’esodo domenicali dei cacciatori di altre aree dell’isola.

Ne è convinto Marco Loi: «Si tratta di un modo vecchio, arretrato di intendere la gestione della caccia – sottolinea –. Non è con il blocco delle presenze forestiere che si migliora nei territori l’equilibrio tra esercizio venatorio e mantenimento della fauna. Tutt’altro, le quote stabilite per zone di caccia porterebbero nell’interno della Sardegna le doppiette anche dalla Penisola, forse con danni maggiori di quanto si paventi ora».

Questa la ragione per Loi e altri iscritti all’Ucs di rifiutare la “zonazione” venatoria: «Riguardo al mantenimento delle specie, a iniziare dalla pernice, la nostra opzione è per il ripopolamento, con gli esemplari allevati dall’azienda Forestas, che sono di ottima qualità sotto l’aspetto sanitario e genetico. La semina di cereali a perdere è l’altra azione, considerato che le pernici sono venute a mancare anche per l’assenza di colture di grano, dove si alimentano».

Tra le scelte non c’è la chiusura seppur temporanea della caccia, alla pernice e anche alla lepre, secondo la richiesta recapitata da Nuoro all’assessorato regionale. Anzi Marco Loi raddoppia: «Nella nostra associazione la maggioranza è convinta che il prelievo responsabile sia la miglior soluzione per la conservazione delle diverse specie. Vorremmo si aprisse la caccia grossa anche a cervo, muflone e daino. Cacciarli per garantirne la presenza. Può sembrare un paradosso, ma non lo è nei fatti. In Trentino è stato deciso che ve ne debbano essere quattro per chilometro quadrato. Se di più andrebbero incontro a problemi di alimentazione e a rischi di consanguineità nei nuovi nati. Nelle oasi sarde la percentuale è di 30 capi».

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