La Nuova Sardegna

Nuoro

«Diede l’arma ma non ha ucciso: 14 anni»

di Valeria Gianoglio
«Diede l’arma ma non ha ucciso: 14 anni»

Il pm contesta a Sergio Taioli il concorso anomalo in omicidio: «Non è certo che sapesse a cosa sarebbe servito il fucile»

30 novembre 2016
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NUORO. «È un fatto del 2005, e non è una bella pagina di giustizia che la discussione arrivi solo ora. È un processo che ha visto anche una richiesta di archiviazione da parte della Procura e poi ha ricevuto la sterzata dell’imputazione coatta. Altre indagini sarebbero occorse. Ritengo che per l’imputato Sergio Taioli debbano essere riconosciute le attenuanti generiche. Nessuna premeditazione, nessun concorso ordinario nel reato. Ai sensi dell’articolo 116 del codice penale, il concorso anomalo nel reato, chiedo 14 anni di reclusione per Sergio Taioli. E chiedo, in via subordinata, le strade della riqualificazione del reato in cessione di arma clandestina, e in via ancora subordinata, il favoreggiamento». Al termine della sua requisitoria durata circa tre ore, al processo per l’omicidio di Francesco “Cisco” Chessa, ucciso a Orune il 18 maggio del 2005, il pm Andrea Vacca spiazza tutti con una richiesta finale corredata da molte oneste ammissioni.

Quattordici anni di carcere, dunque, secondo il pm, sono la pena finale che merita l’imputato di Sorgono Sergio Taioli. Per l’accusa, infatti, Taioli non ha esploso le sei fucilate che intorno alle 22.40 del 18 maggio 2005, in una notte sferzata dal vento, avevano stroncato per sempre la vita dell’allevatore Francesco Chessa, noto Cisco, davanti all’uscio di casa e a pochi metri dal figlio Marcello, che lo aspettava ignaro dietro il portone. Non è stato Taioli a sparare, dunque, ma – e il pm lo ribadisce più volte – è suo il fucile marca Breda che aveva esploso tre dei bossoli recuperati sul luogo dell’omicidio. Ed è proprio attorno al percorso che da Sorgono – luogo di residenza di Taioli e luogo dov’era stato trovato il fucile – ha condotto l’arma a Orune, che si snoda buona parte della requisitoria.

Il fucile, ricorda il pm, era stato rubato il primo aprile del 2005 a Sorgono, insieme ad altri, a casa di Ignazio Corriga. Il 18 maggio, quell’arma era stata utilizzata per uccidere Chessa a Orune. Il 25 giugno, sempre secondo i risultati delle indagini, lo stesso fucile era servito per compiere un attentato nei confronti di un abitante di Sorgono, Bruno Angius. Pochi giorni dopo, il 28 giugno, quell’arma viene ritrovata in un terreno di Sorgono insieme a un passamontagna dal quale si estrae un Dna: appartiene a Sergio Taioli. Ed è allora che il Ris dei carabinieri scopre anche che quel fucile semiautomatico marca Breda, modello Antares, era stato lo stesso che aveva esploso alcuni colpi una quarantina di giorni prima sul luogo dell’omicidio di Cisco Chessa. E Taioli finisce nei guai anche per quel delitto. In seguito ammette, e per questo patteggia due anni di pena, che lo aveva usato sì, ma “solo” per compiere l’attentato ad Angius, e non per uccidere Chessa. Il pm Vacca, su questo punto, gli crede: per lui Taioli non era sul luogo del delitto, ma ha ceduto l’arma a qualcuno di Orune, tramite «i fratelli Rubiu di Villagrande, che erano amici di un amico di Taioli, Giovanni Arru. «I fratelli Rubiu di Villagrande – spiega il pm – avevano una grande amicizia con Giovanni Deiana-Banniolu». E proprio quei Deiana, aveva ricordato il pm, all’interno della faida di Orune, erano schierati nella parte avversa ai Chessa di Cisco, anche se questi ultimi, dice il pm, nella faida c’erano entrati solo «di sbieco», e in seguito alla testimonianza di un loro fratello in un processo per omicidio. «I Rubiu – aggiunge il pm – sono il tramite che ha portato il fucile dentro la faida. Taioli ha ceduto il fucile ai Rubiu ma non è provato che sapesse che sarebbe dovuto servire agli orunesi per un omicidio. Era nel ventaglio delle possibilità. Per questo lo ritengo un “concorso anomalo” in omicidio, e chiedo una condanna a 14 anni». Lunedì 5 parleranno i difensori di Taioli: Luigi Concas e Gianluigi Mastio.

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