Peste suina a Desulo, il sindaco ai giudici: «Il clima era pesante»
di Enrico Carta
Gigi Littarru sotto processo per omissione d’atti d’ufficio Accusato di non aver emesso un’ordinanza di abbattimento
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DESULO. Non solo burocrazia. Il sindaco Gigi Littarru è chiaro quando si sottopone all’interrogatorio di fronte ai giudici del tribunale di Oristano che lo giudicheranno per la mancata ordinanza sull’abbattimento di alcuni capi di un allevamento colpito dalla peste suina africana nel 2016. In tribunale, rispondendo alle domande del pubblico ministero Andrea Chelo che lo accusa di omissione d’atti d’ufficio, afferma: «Dal 2010, anno in cui sono diventato sindaco, combatto una guerra per arginare il fenomeno». Ma nel 2016 l’aria a Desulo non era esattamente serena. La task force inviata dalla Regione per provvedere all’abbattimento di alcuni capi era stata bloccata lungo la strada che portava agli allevamenti tramite un blocco formato dalle automobili di diversi allevatori che avevano impedito persino agli agenti del Corpo Forestale di raggiungere la campagna. Il sindaco in quell’occasione aveva cercato di mediare con i compaesani e «per questo motivo ero stato additato come responsabile di quanto stava accadendo. Dopo sette giorni furono sparate tre fucilate contro la finestra della cucina di casa mia. Il clima si era fatto quanto mai pesante».
Del resto non è certo un mistero che il primo cittadino si sentisse scarsamente protetto, solo che una dichiarazione del genere fatta in un’aula di giustizia potrebbe avere ripercussioni notevoli sull’esito del processo a suo carico. D’altro canto Gigi Littarru non ha mai fatto mistero del fatto che si sentisse in trincea ed esposto ad azioni illegali da parte di chi lo contestava oltrepassando il confine della legge. Al di là dei sentimenti che potessero correre nell’animo del sindaco in quei momenti, ai giudici del collegio presieduto da Carla Altieri (a latere Francesco Mameli ed Elisa Marras), ha anche ribadito che comunque riteneva di non dover essere lui ad emettere l’ordinanza di distruzione dei capi dell’azienda colpita dal virus in quell’occasione.
Il sindaco, assistito dall’avvocato Giancristian Melis, ha ribadito che sarebbe dovuta essere la Regione ad emettere l’ordinanza: «Avevo avuto diverse interlocuzioni sull’argomento in quei giorni con i funzionari dell’Unità di Progetto», il cui compito era proprio quello di monitorare la situazione e provvedere all’individuazione di casi di peste suina africana e quindi di eliminare i capi che avevano subito contagio.
Il processo proseguirà il 19 ottobre, ma ieri diverse testimonianze sono state quanto mai utili per capire come funzionasse il sistema sanitario che vedeva in prima linea proprio la Regione e la Asl. Tra i testimoni è stato interrogato anche Alessandro De Martini, coordinatore dell’Unità di Progetto. Assieme a lui anche diversi veterinari ai quali era deputato il compito di individuare i focolai attraverso la verifica degli allevamenti e di evitare il pascolo brado dei capi, molti dei quali continuano tutt’oggi a non essere regolarmente registrati perpetrando il problema della peste suina africana.
Del resto non è certo un mistero che il primo cittadino si sentisse scarsamente protetto, solo che una dichiarazione del genere fatta in un’aula di giustizia potrebbe avere ripercussioni notevoli sull’esito del processo a suo carico. D’altro canto Gigi Littarru non ha mai fatto mistero del fatto che si sentisse in trincea ed esposto ad azioni illegali da parte di chi lo contestava oltrepassando il confine della legge. Al di là dei sentimenti che potessero correre nell’animo del sindaco in quei momenti, ai giudici del collegio presieduto da Carla Altieri (a latere Francesco Mameli ed Elisa Marras), ha anche ribadito che comunque riteneva di non dover essere lui ad emettere l’ordinanza di distruzione dei capi dell’azienda colpita dal virus in quell’occasione.
Il sindaco, assistito dall’avvocato Giancristian Melis, ha ribadito che sarebbe dovuta essere la Regione ad emettere l’ordinanza: «Avevo avuto diverse interlocuzioni sull’argomento in quei giorni con i funzionari dell’Unità di Progetto», il cui compito era proprio quello di monitorare la situazione e provvedere all’individuazione di casi di peste suina africana e quindi di eliminare i capi che avevano subito contagio.
Il processo proseguirà il 19 ottobre, ma ieri diverse testimonianze sono state quanto mai utili per capire come funzionasse il sistema sanitario che vedeva in prima linea proprio la Regione e la Asl. Tra i testimoni è stato interrogato anche Alessandro De Martini, coordinatore dell’Unità di Progetto. Assieme a lui anche diversi veterinari ai quali era deputato il compito di individuare i focolai attraverso la verifica degli allevamenti e di evitare il pascolo brado dei capi, molti dei quali continuano tutt’oggi a non essere regolarmente registrati perpetrando il problema della peste suina africana.