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Nuoro

Sarule, il paese delle centenarie fa festa con tzia Michela

Sarule, il paese delle centenarie fa festa con tzia Michela

Tutto pronto per celebrare il compleanno di una nuova nonnina. Una vita di fede e famiglia: «Non ci avrei mai creduto di arrivare fino a qui» 

25 ottobre 2019
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SARULE. La comunità aggiunge il suo nuovo contributo alla squadra dei centenari sardi. La meta la raggiunge sabato 26 ottobre Michela Porcu, classe 1919. Il compleanno sarà al centro di una festa popolare. Prima la messa in parrocchia (ore 10,30), poi invito e pranzo. La vegliarda si prepara con serenità all’evento nella sua casa ai limiti della piazza San Michele, fatta costruire nel primissimo ‘900 dai genitori, Salvatorangelo e Alberta Porcu. Non ha la memoria degli anni ancora freschi, ma certo la coscienza di quanto in questi giorni ruota intorno alla sua figura e alla meta di vita, che continua a rimanere nei sogni privati dei più. Traguardo fatto di forza e buona sorte, come conferma “tzia” Michela: «Sono arrivata ai 100 anni. Non ci avrei mai creduto». A Sarule il secolo di vita per la verità è diventato affare per più abitanti. Soprattutto delle donne. Michela Porcu è l’ultima di una lista che negli ultimi cinque lustri ha visto alternarsi sul podio Lucia Marcello, Maria Costantina Porcu, Maria Assunta Licheri, Gonaria Soro, Lucia Soro, Maria Balloi, l’omonima Michela Porcu (“Gergei”) e Maria Caterina Porcu. Tra loro un solo maschio, Antonio Ladu.

Storie di vite simili, perché a Sarule tutti sono stati in qualche modo pastori o contadini, braccianti o artigiani, combattenti delle guerre o loro figli. Proprio come le giovinette della sua epoca, Michela frequenta la sola scuola elementare, perché di più nel primo dopoguerra non si può sperare. Impara a far di conto e si dota di una scrittura in bello stile, che tornerà utile per la corrispondenza con qualche parente e amica che vive distante. Il padre, Salvatorangelo, fa il pastore. La sua giovinezza è dentro quel mondo. Aneddoti campestri: «Ero spesso in campagna, con i miei quattro fratelli. La terra dava in quantità pere, pesche, albicocche, uva, mandorle, che raccoglievamo e portavamo a casa in groppa all’asino». La chiesa era invece lo spazio eletto nella dimensione comunitaria: «Ho fatto parte delle dame di carità di San Vincenzo. Dedicavamo un giorno della settimana ad alleviare le difficoltà dei più poveri. Con me anche Pasquala, una sorella deceduta in giovanissima età». La professione della fede è fatta anche della devozione alla madonna di Gonare. Michela Porcu è spesso tra le “novenanti” e non manca neppure dai pellegrinaggi al monte per i 15 sabati canonici da dedicare alla Vergine nascente, a partire dall’inverno e sino alle porte dell’estate, che introduce alla sagra: «Nella salita, raccoglievamo i gigli per adornare il simulacro nel santuario».

A Sarule ricorda le altre feste, da Santa Lucia a San Bernardino. Con qualche nota oggi non più presente: «Gli amici che venivano a trovarci. In alcune occasioni, nella tavola imbandita anche una ventina di forestieri, che soggiornavano da noi per più giorni». La famiglia Porcu ricambiava sempre le visite per San Cosimo, a Mamoiada, così come a Sedilo, per San Costantino, dove tra gli amici c’era anche la famiglia di Peppino Pes, l’ex latitante, che sarà anche il primo ergastolano in Italia a poter uscire a lavorare fuori da un penitenziario. Il tempo forte è la quotidianità, che Michela Porcu, nubile come tante giovani del tempo, sceglie di vivere nella grande famiglia di origine, con i genitori, i fratelli e i nipoti, che vi si aggiungeranno. La sorte gli ha già assegnato i fatidici 100 anni di vita, che nel caso di “tzia” Michela appaiono addirittura un tempo superiore, perché, diceva l’intellettuale latino Seneca, la vita è tanto più lunga quanto più la si usa bene. (f.p.)
 

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