La Nuova Sardegna

Nuoro

Le piante e l’antica arte della tessitura a Sindia

di Sandro Biccai
Le piante e l’antica arte della tessitura a Sindia

La storia di Amalia Delrio, 40enne che semina il lino e lavora al telaio «Sin da piccola osservavo mia madre impegnata tra subbi, licci e pedali»

09 marzo 2020
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SINDIA. Ha una settantina d’anni il gomitolo di lino che Amalia Delrio custodisce a casa sua, a Sindia, proprio accanto al telaio dove sta realizzando un tappeto. Ma presto, a giugno probabilmente, ne potrà avere dell'altro. E potrà utilizzarlo per i suoi manufatti.

«È la prima volta che semino il lino – spiega, mentre in un terreno alla periferia del paese lo vede crescere, bagnato dalla pioggia salvifica degli ultimi giorni –. L’idea è riuscire a far coesistere due grandi passioni: quella per la terra, dove affondano le radici della mia famiglia, e quella per il telaio».

Una passione, quest’ultima, che Amalia Delrio, quarant’anni, sposata, due figli, ha avuto fin da piccola: «Osservavo mia madre impegnata tra subbi, licci e pedali, e ne scrutavo con attenzione ogni movimento, cercando di carpirne i segreti. Una volta perso il lavoro al calzificio di Macomer, ho pensato che il telaio potesse rappresentare una buona opzione: ho seguito un corso a Bonorva e realizzato i primi manufatti riprendendo i motivi decorativi tipici della tradizione tessile sindiese».

Contemporaneamente Amalia è andata a ritroso nel tempo: «Ho scoperto come i telai a mano per lavorare lana e lino fossero molto diffusi a Sindia già nel XII-XIII secolo, all’epoca dei cistercensi. Non solo, poiché a metà dell’ Ottocento il Casalis scriveva che le donne di Sindia lavoravano la lana e il lino e fabbricavano un panno molto stimato per cappotti e gabbani». La coltura del lino è stata praticata a Sindia fino al secondo dopoguerra: «Fonti orali mi hanno riferito che la semina avveniva in autunno e che in primavera le piantine si coprivano di fiori delicatissimi, con corolle di petali azzurri. A giugno si procedeva con la raccolta manuale e la creazione di piccoli fasci che, per tre settimane circa, venivano immersi nelle acque dei ruscelli al fine di renderli più morbidi. In seguito la parte legnosa del lino veniva essiccata al sole e percossa con un attrezzo di legno. In questo modo – continua il racconto – rimaneva solo il lino propriamente detto che veniva cardato con dei pettini così da separare le fibre più sottili da quelle più grosse. Si formavano, quindi, le matasse che venivano messe in ceste di canne e coperte con un panno; si versava lisciva bollente ed il lino diventava bianco candido, pronto per la tessitura. I telai allora erano presenti in tantissime case sindiesi».

L’obiettivo di Amalia è mutuare il sistema di produzione e lavorazione tradizionale per riproporlo identico alle nuove generazioni: «Mi piacerebbe creare una fattoria didattica e far conoscere i tanti passaggi necessari per giungere al manufatto finale. Idem per la lana che in un paese di allevatori abbiamo in abbondanza».

Nel frattempo la giovane di Sindia non ha mai smesso di studiare ed ha approfondito anche le tecniche per tingere i tessuti di origine vegetale, come lino, lana e cotone, con tinture derivanti da prodotti naturali.

Fino alla soddisfazione di essere stata contattata da Chiara Vigo, maestra di tessitura antica di Sant’Antioco nota a livello internazionale: «Una sorpresa di cui vado molto fiera».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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