«Uscire è una terapia per i nostri figli»
di Valeria Gianoglio
La richiesta della presidente dell’Angsa, l’associazione autistici: «Chiediamo più flessibilità per chi convive con la malattia»
26 marzo 2020
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NUORO. «Chiediamo solo più flessibilità e un pizzico di buonsenso, perché per noi la passeggiata non è uno sfizio, non lo è affatto, ma una estrema necessità. Senza, i nostri ragazzi, con particolari forme di autismo, non possono restare e la situazione rischia di precipitare sia per loro sia per le famiglie con le quali convivono. Abbiamo già passato due settimane a far loro accettare l’idea che non potevamo più andare a scuola, ma ora non possono toglierci anche la possibilità di farli uscire, seppur a distanza dalle persone». Insegnante di sostegno nelle scuole, presidente regionale dell’Angsa, l’associazione che tutela le famiglie e le persone con autismo, ma soprattutto mamma: Speranza Ortu, anche in questa occasione complicata, non dimentica di rappresentare tanti genitori del Nuorese, e anche del resto dell’isola che nelle ultime settimane, più di tante altre, stanno attraversando una emergenza nell’emergenza: la gestione di un disturbo dell’individuo che mal si sposa con i cambiamenti repentini di routine, lo stravolgimento di abitudini consolidate e costate mesi di fatica, lo stop improvviso a uscite giornaliere, brevi passeggiate e dintorni. «Per i nostri cari che convivono con l’autismo, soprattutto in certe forme, quelle uscite non sono semplici passeggiate ma una vera e propria terapia – precisa Speranza Ortu – e vorrei che fosse chiaro anche a chi ha deciso e decide sulle restrizioni per il coronavirus e sul discorso delle autocertificazioni per gli spostamenti. Come associazione, infatti, insieme anche ad altre che vivono un problema simile al nostro, oltre a chiedere alla Regione la possibilità di spalmare nei prossimi mesi i fondi legati alla legge 162, abbiamo chiesto anche che ci venga data la possibilità di portare i nostri figli fuori, sempre rispettando, ovviamente, tutte le precauzioni imposte dalle norme: ovvero a distanza dagli altri, ma all’aperto, e magari anche in posti isolati dagli altri come le nostre campagne dove certo non c’è il rischio che siano vicini ad altre persone e quindi rispetterebbero a pieno le regole anti-contagio». Ma a quanto pare, finora, per diverse famiglie con ragazzi autistici, le loro necessità non sono state sempre riconosciute in modo immediato e profondo: tutt’altro. Racconta, infatti, la presidente regionale dell’Angsa, di aver ricevuto più di una segnalazione da parte di genitori che erano stati redarguiti in modo deciso e invitati a riportare i loro figli a casa, «perché fuori non si può restare».
«Ora io mi chiedo: ma lo capiscono queste persone che per i nostri figli quell’uscita è una necessità? – si ripete Speranza Ortu – qui non stiamo parlando di sfizi o capricci, ma siamo di fronte a una precisa patologia che in molti casi è accompagnata da una forte iperattività. Per mio figlio, ad esempio, è importante poter quantomeno continuare a curare il suo piccolo orticello di fragole, in un terreno a Siniscola. Noi viviamo a Posada e per questo ci dobbiamo spostare: mi chiedo che male facciamo? E come noi quello spostamento rappresenta l’unica possibilità di sfogo per tanti ragazzi con autismo. Siamo almeno un centinaio di famiglie solo nel Nuorese, e solo per restare a Posada dove vivo, le famiglie che hanno appena ricevuto la diagnosi sono sei. Per loro il problema è ancora più grave: non sanno ancora come gestire i loro ragazzi, figuriamoci con questi divieti. Anche per questo abbiamo deciso di rivolgerci ai neuropsichiatri che seguono i nostri figli: ognuno di loro, ovviamente se il singolo caso lo richiede, può darci un certificato dove attesta che l’uscita periodica per i nostri ragazzi rappresenti una necessità, una terapia. Questo certificato lo porteremo sempre con noi per mostrarlo insieme alle solite autocertificazioni, nel caso ce le chiedessero. Mi auguro che tutti capiscano: che usino la flessibilità e il buonsenso, perché abbiamo bisogno di aiuto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
«Ora io mi chiedo: ma lo capiscono queste persone che per i nostri figli quell’uscita è una necessità? – si ripete Speranza Ortu – qui non stiamo parlando di sfizi o capricci, ma siamo di fronte a una precisa patologia che in molti casi è accompagnata da una forte iperattività. Per mio figlio, ad esempio, è importante poter quantomeno continuare a curare il suo piccolo orticello di fragole, in un terreno a Siniscola. Noi viviamo a Posada e per questo ci dobbiamo spostare: mi chiedo che male facciamo? E come noi quello spostamento rappresenta l’unica possibilità di sfogo per tanti ragazzi con autismo. Siamo almeno un centinaio di famiglie solo nel Nuorese, e solo per restare a Posada dove vivo, le famiglie che hanno appena ricevuto la diagnosi sono sei. Per loro il problema è ancora più grave: non sanno ancora come gestire i loro ragazzi, figuriamoci con questi divieti. Anche per questo abbiamo deciso di rivolgerci ai neuropsichiatri che seguono i nostri figli: ognuno di loro, ovviamente se il singolo caso lo richiede, può darci un certificato dove attesta che l’uscita periodica per i nostri ragazzi rappresenti una necessità, una terapia. Questo certificato lo porteremo sempre con noi per mostrarlo insieme alle solite autocertificazioni, nel caso ce le chiedessero. Mi auguro che tutti capiscano: che usino la flessibilità e il buonsenso, perché abbiamo bisogno di aiuto».
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