Lotzorai, un museo in casa tra scialli, stoffe e camicie
di Claudia Carta
Giampaolo Murru, 38 anni, ha una collezione di 500 costumi tradizionali sardi «Una passione che ho fin da ragazzino, ora ho anche 3.000 foto storiche»
24 maggio 2020
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LOTZORAI. Vestire la tradizione. Farlo con arte e precisione. Identità culturale riscoperta attraverso la ricerca storica e documentaria. Nasce così la prestigiosa collezione personale del costume sardo di Giampaolo Murru, a Lotzorai. Classe 1982 e passione da vendere. Il suo profilo Facebook – da sempre, ma più ancora nei due mesi di quarantena forzata – è un autentico museo virtuale: in vetrina i costumi tradizionali, nella loro interezza e nei loro dettagli. Ogliastra e Nuorese unite dalle stoffe di multiformi colori, da scialli e grembiuli, dai copricapi alle camicie. Un racconto per immagini lungo più di un secolo. Ma la passione di Giampaolo è tutt’altro che virtuale. Nella sua abitazione, in una camera dedicata di sette metri per tre, è racchiuso un tesoro immenso: armadi e raccoglitori tubolari per conservare al meglio ogni abito. Corredo che una volta alla settimana il giovane collezionista lotzoraese espone all’aria aperta, regolarmente pulito, rinfrescato e stirato. Una cura infinita per proteggere e conservare storia e ricordi. «Quello di un allestire un vero e proprio museo e renderlo fruibile a tutti – commenta – è da sempre il mio sogno. Ma sono fiducioso. So che lo realizzerò». I numeri? Ci sono tutti e sono notevoli: oltre 500 i pezzi recuperati, i più antichi risalenti alla seconda metà dell’800; altrettanti gli elementi del corredo tradizionale; più di 3.000 le foto storiche dell’abbigliamento sardo, di cui 150 incorniciate; costante la collaborazione con il Museo nazionale Sanna di Sassari. Senza contare i gioielli in preziosa e raffinata filigrana: Giampaolo li cura con attenzione e meticolosità e ogni nuovo pezzo acquisito è motivo di soddisfazione. Non finisce qui: un patrimonio di oggettistica relativa all’antico mondo rurale e contadino completano un tesoro di inestimabile valore. «Un mondo che ho amato da sempre – racconta – ma che ho iniziato a seguire con grande coinvolgimento dall’età di 15 anni. Una mia zia mi fece dono di un fazzoletto risalente a metà Ottocento. È stato il principio di un percorso di ricerca costante: dettagli, manifattura, tessuti e tagli, colori e modelli. Le foto d’epoca mi hanno dato una grossa mano, in questo senso». E aggiunge: «Non finirò mai di essere grato a tutti coloro che ogni giorno mi donano qualcosa di nuovo. È un grande segno di fiducia e di collaborazione». Un’autentica cronistoria del costume, antica come gli anni che sono passati, che Giampaolo riesce a far respirare e brillare di nuova luce. «Nel 2012 – continua il giovane titolare del Bar Giardini – ho avuto la gioia di battezzare la mia secondogenita, Melissa: tutti noi abbiamo indossato il costume tradizionale. E dal momento che gli invitati provenivano da paesi diversi, è stata un’ulteriore occasione per conoscere meglio anche i loro abiti e poter recuperare pezzi preziosi per la mia collezione: Talana, Arzana, Baunei, Ilbono, per citarne alcuni, ai quali si sono aggiunti, tra gli altri, Desulo, Orgosolo e Dorgali». Tra filo e ordito, si dipana il disegno di un amore autentico. Giampaolo non è solo a tesserne le trame. La sua sposa, Tiziana Pisanu e le sue figlie, Vanessa, Melissa e Alessia condividono con lui scoperte e novità. A un passo dal sogno, dunque, ma il suo museo profuma già di realtà.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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