La Nuova Sardegna

Nuoro

Siniscola, un padre e un figlio uniti da un tatuaggio

di Mauro Piredda
Siniscola, un padre e un figlio uniti da un tatuaggio

Il piccolo ha una malattia che gli provoca lividi: Marco Dalu se li è fatti tatuare per non farlo sentire solo

11 settembre 2020
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SINISCOLA. Ci sono diversi modi per incidere sulla propria pelle l’amore che si prova per una persona. Marco Dalu, giovane siniscolese commerciante in un negozio di mobili, ne ha scelto uno per condividere con suo figlio una grande forza di volontà che si manifesta, giorno dopo giorno, da quasi quattro anni. «Ma non sono un eroe – sostiene Marco –, io non ho nulla in più rispetto a mio padre o agli altri padri che si alzano presto e che si spaccano la schiena per l’amore e per il futuro dei loro figli. Eroe è mio figlio, un combattente fin dai suoi primi giorni di vita. Ed eroica è Tiziana, la madre, che non lo ha mai lasciato solo». Il bambino ha lividi sul corpo: la rarissima patologia emorragica che porta con sé (Tromboastenia di Glanzmann) è dovuta a un malfunzionamento delle piastrine che, non riuscendo a formare gli aggregati, non fermano il sangue durante le emorragie.

I lividi di Marco, il padre, invece, sono tatuati. Un vero e proprio atto d’amore per non lasciare solo il figlio in un momento particolare della sua vita in cui comincia ad accorgersi degli sguardi delle altre persone su di sé. L’uomo (classe 1983) non esita a definirsi una persona timida. «Lo sono sempre stato, fin da piccolo. Esitavo ad alzare il braccio a scuola anche se ero in grado di rispondere a una domanda improvvisa dell’insegnante». Il suo gesto d’amore, quindi, doveva rimare privato. E così è stato fino a quando lui e la moglie (Tiziana Manca è dell’82 e a Siniscola fa l’artigiana in un laboratorio per la produzione di bottarga) non si sono messi in contatto con l’osservatorio “Omar” sulle malattie rare, con lo scopo di scambiare opinioni con altre persone che convivono con la stessa patologia. «Rimango il timido che sono, ma qui c’è in ballo il futuro del mio bambino. Da quando abbiamo fatto conoscere la sua storia e i miei tatuaggi abbiamo ricevuto tanti messaggi dall’Italia e dall’estero da parte di altre persone colpite da questa patologia rara».

«Finché mio figlio era piccolino, io e Tiziana eravamo gli unici a percepire gli sguardi delle altre persone. Crescendo ha cominciato a percepirli pure lui. Si sente diverso dagli amichetti che, seppure senza cattiveria, possono fare qualche domanda che lo mette a disagio. Molte volte si nasconde e si copre i lividi con le manine». Da qui l’idea, sofferta, di questi particolari tatuaggi paterni. «Quando stavo per varcare lo studio avevo una paura tremenda. Quando poi ho visto i tatuaggi mi è venuta voglia di piangere. Ma quando sono rientrato a casa e Tiziana si è rivolta a lui dicendogli che “Anche babbo è così”, lui si è messo a ridere». Nella vita, dice Marco Dalu, «ci sono cose belle e cose giuste. Io ho dovuto fare una cosa giusta, ma la guerra non è finita. A mio figlio dovrò insegnare ad affrontare la vita e questa patologia. Diversamente il mio gesto rimarrà un simbolo e io avrò fallito la sfida. Ma insieme la vinceremo».

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