La Nuova Sardegna

Nuoro

«Per il ponte Oloè lavori migliorativi»

«Per il ponte Oloè lavori migliorativi»

Sentiti i testi della difesa al processo “bis” dell’alluvione Consulente: soluzioni a norma e realizzate nei tempi stabiliti

19 settembre 2020
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NUORO. «Le scelte fatte dalla società che per conto dell’Anas ha realizzato i lavori, sono state migliorative». Non ha dubbi Stefano Cassarini, ingegnere della Stigea e consulente tecnico nominato dall’avvocato Maurizio Sedda, difensore di Gianfranco Castiglioni, direttore tecnico dell’impresa Sacramati, imputato al processo “Oloè bis” insieme ad Antonio Giacobbe, direttore dei lavori per conto dell’Anas, e Roberto Sacramati, titolare dell’impresa che aveva compiuto le opere di restauro del ponte dopo il tragico crollo del 2013.

Ai tre imputati viene contestato, in concorso tra loro, di aver commesso una frode in pubbliche forniture, “fornendo cose diverse in modo significativo per quantità, qualità e provenienza rispetto a quanto pattuito nell’ambito dell’appalto relativo ai lavori di restauro del viadotto di Oloè”.

«Relativamente al progetto iniziale l’obiettivo era rendere operativa l’opera nel minore tempo possibile. La soluzione prevedeva la realizzazione di un sostegno provvisorio con lamiere in acciaio alte 9 metri e lunghe 4. Strutture – ha aggiunto il consulente davanti al giudice Angelicchio – che occorreva studiare e realizzare, causando notevoli ritardi rispetto ai tempi richiesti per la realizzazione dell’opera. Quello che ho potuto dedurre dagli atti – ha detto Stefano Cassarini – è che l’impresa ha valutato con l’Anas una soluzione alternativa che rendesse possibile la ristrutturazione e la riapertura del ponte. Dal punto di vista della funzionalità penso che l’opera sia stata anche migliorativa, realizzata nei tempi stabiliti dall’amministrazione, in modo più dettagliato rispetto al progetto originario. Per quanto riguarda poi il materiale usato per il riempimento della spalla del ponte (la sola interessata dai lavori dell’Anas) – ha proseguito il teste della difesa – sia nel progetto iniziale, sia nel secondo, non si parla mai di calcestruzzo ma di “geomix”. Quello che risulta dalle prove fatte nella perizia è, appunto, una miscela di sabbia e ghiaia legata con il cemento, che usata secondo adeguate proporzioni ne ha assicurato la robustezza finalizzata a sorreggere la spalla del viadotto. Le prove realizzate dall’Anas in corso d’opera – ha detto l’ingegnere – sono del tutto coerenti con le caratteristiche attese nella scheda del progetto. Faccio fatica a dire che il materiale non sia equiparabile a quello che si sarebbe dovuto usare. Inoltre – ha concluso Cassarini – anche i massi utilizzati per riempire i gabbioni erano secondo la pezzatura indicata, e non come contestato, di misura inferiore». Prossima udienza il 16 ottobre. (k.s.)

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