Uccise Mirko Farci con 17 coltellate, no al rito abbreviato e alla perizia psichiatrica
Respinte le richieste della difesa di Mash Shaid
Cagliari La difesa ci ha provato: è vero che quella notte dell’11 maggio 2021 Masih Shahid è entrato nella casa di Tortolì dell’ex compagna Paola Piras e ha provato a ucciderla con un coltello da cucina, fendenti al viso, alle braccia e al torace. È vero che la sua furia omicida si è poi rivolta a Mirko, il figlio diciannovenne della donna che cercava di difendere la madre: ammazzato con diciassette coltellate. Ma dietro quella spedizione sanguinosa, ha detto alla Corte d’Assise l’avvocato Federico Delitala, c’è una storia di maltrattamenti all’interno della sua famiglia pakistana, lui cristiano in un mondo di islamici. Agli atti del procedimento Masih viene descritto come un trentenne dalla mente malata, gli occhi indemoniati, un perseguitato fin da bambino. Da qui la richiesta, già respinta dal gup di Lanusei: giudizio abbreviato con perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere al momento del delitto, reso possibile dal fatto che se premeditazione c’era riguardava l’ex compagna e non il figlio.
La Corte presieduta da Giovanni Massidda - a latere Stefania Selis - ha incassato i pareri negativi del pm Giovanna Morra e delle parti civili - Maurizio Corda, Marcello Caddori e Paolo Pilia - e un’ora dopo ha dichiarato manifestamente infondati tutti i punti dell’istanza, che conteneva anche un’eccezione d’incostituzionalità. Lui, Masih Shahid, ha assistito impassibile all’udienza, mascherina anticovid sul viso, neppure una parola col difensore. L’elemento centrale dell’udienza di apertura dell’istruttoria dibattimentale è però un altro: la difesa ha dato il consenso perché il fascicolo della Procura di Lanusei, con tutti gli atti d’indagine, venga acquisito dai giudici. Questo significa che il processo è già sulle carte e sarà brevissimo, perché non risulterà necessario sentire i testimoni già coinvolti nell’inchiesta. Il fatto d’altronde è già chiaro: taglia vetro, ventosa e coltello da cucina in pugno, l’operaio pakistano ha violato l’obbligo di non avvicinarsi a casa Piras penetrandovi da una finestra.
Il resto è un film violento e spietato. La difesa che cercherà di attaccare l’aggravante della premeditazione: se Shahid voleva uccidere la compagna che l’aveva lasciato, ma la donna si è salvata per miracolo, la stessa aggravante non può essergli contestata per Mirko, che sarebbe apparso imprevisto sulla scena del delitto. Era stato però il ragazzo a denunciare Shahid per i maltrattamenti subiti dalla madre, se all’operaio era stato imposto il divieto di avvicinarsi a casa Piras il merito - per Masih la colpa - era tutto di Mirko. Qui si radica l’ipotesi che nel progetto omicida fosse compreso il ragazzo o forse solo lui. Non è un interrogativo secondario: l’aggravante della premeditazione nel reato di omicidio (qui c’è anche il tentato omicidio) preclude il diritto al giudizio abbreviato. Come dire che la pena balla tra l’ergastolo e trent’anni di carcere. Ecco perché l’avvocato Delitala, messa da parte l’idea di negare fatti accertati e confessati dall’imputato, ha giocato e giocherà le sue carte su questa circostanza, legata una domanda centrale: qual era l’obiettivo di Masih Shahid? Dalla risposta che arriverà in aula dipende la sentenza.
Il dibattimento andrà avanti il 5 ottobre con l’esame di un teste della difesa e uno della parte civile, più il consulente psichiatrico. Salvo imprevisti, l’istruttoria dovrebbe esaurirsi in una o due udienze, poi si andrà alla discussione. Tutte le parti del processo hanno annunciato di voler sentire l’imputato, ma non è detto che Shahid decida di rispondere alle domande in aula pubblica. Paola Piras per ora non prende parte direttamente al processo, più avanti si vedrà.