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Le meraviglie del gatto selvatico sardo svelate dalla reflex di Daniele Lorrai

di Luciano Piras
Le meraviglie del gatto selvatico sardo svelate dalla reflex di Daniele Lorrai

«Ci sono voluti diciassette mesi di appostamenti, incontrarlo è un’emozione fortissima»

10 gennaio 2024
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Nuoro «Una coda anellata». Un’immagine fugace, come un’apparizione tra le rocce. È stato questo il primissimo incontro ravvicinato con “sa gattu agreste”, magnifico esemplare di gatto selvatico, Felis silvestris var. libyca Forster 1777. La cosiddetta sottospecie sarda. Daniele Lorrai e Antonio Pisanu l’hanno capito subito che quell’animale non fosse né una volpe né una martora. La certezza, tuttavia, è arrivata soltanto qualche giorno dopo. Nelle campagne meno battute di Nuoro, mezz’ora di macchina dalla città, le impronte erano leggere, appena abbozzate, ma chiare. Due fototrappole ed ecco il verdetto finale: quella coda anellata era la coda di una rarissima “piccola lince” della Sardegna.

«È cominciata così una nuova avventura, l’adrenalina scorreva a fiumi» raccontano in coro i due documentaristi nuoresi. Un’avventura durata mesi e mesi, sopralluoghi, appostamenti, emozioni a mille. Approdata ora in edicola nelle pagine di “Oasis”, il bimestrale diretto da Fabrizio Ventura che racconta le meraviglie del mondo. Tra queste: “sa gattu agreste”, appunto, il felino incontrato e fotografato a Nuoro, tra boscaglia, macchia mediterranea, fillirea, lentisco e olivastro. A inquadrarlo con la reflex ci ha pensato Daniele Lorrai, classe 1984, appassionato di ambiente e fauna selvatica, con una predilezione per i rapaci. A mettere nero su bianco, invece, è stato Antonio Pisanu, insegnante in pensione, già autore di documentari naturalistici, da sempre appassionato di rapaci e falconeria. «Dopo ben diciassette mesi dal nostro primo fortuito incontro, il fantasma si materializza!» scrive Pisanu, che paragona il gatto selvatico sardo a un «piccolo grande gladiatore» cui è riservata «la regola ferrea imposta dalla natura: sopravvivere ad ogni costo, a dispetto delle innumerevoli insidie».

«Apparve dal nulla – svela –. Lo scorgemmo mentre avanzava silenzioso tra le frasche, quasi etereo. Non un fruscio o un calpestio di foglie secche: come un’entità priva di peso». «A riprova della sua rarità – sottolinea ancora Pisanu – bisogna affermare, senza tema di smentita, che ben pochi hanno avuto occasione di incontrarlo nel suo habitat e solo i recenti studi sul campo condotti dal dottor Carlo Murgia e i suoi collaboratori hanno messo in luce questa sottospecie così poco conosciuta».

A svelarne il fascino, almeno in parte, e il mistero che porta con sé, ci sono adesso le immagini spettacolari scattate da Daniele Lorrai (vedi il suo profilo instagram: Feras_selvatici_di_sardegna). Fotografo naturalista a partire dal 2007, vanta diverse collaborazioni con prestigiose riviste specializzate. Ha pubblicato il suo primo libro nel 2019, “Wild Mediterranean Island”, edito da Oberon media. «Trovarmi faccia a faccia con un animale così raro come il gatto selvatico – racconta – è stata una emozione che non può essere descritta con le parole. Riuscire a fotografarlo, poi, non una ma diverse volte... beh, non ha proprio paragoni» chiude Lorrai con un sorriso grande così.

«Più piccolo rispetto all’europeo d’estate si ciba anche di insetti» Nomi dialettali: gatt’agreste, gattu aresti, macittu aresti, attu marrudu. È il gatto selvatico sardo, «sensibilmente più piccolo rispetto a quello europeo». «Strettamente carnivoro, si nutre prevalentemente di piccoli mammiferi (fino alle dimensioni di un coniglio) e uccelli. Durante la stagione estiva si ciba anche di insetti» scrive il biologo cagliaritano Carlo Murgia nella scheda tecnico-scientifica che accompagna il servizio di Daniele Lorrai e Antonio Pisanu pubblicato sul numero ora in edicola di “Oasis”. Direttore del Parco naturale regionale di Gutturu Mannu, Murgia ha studiato il gatto selvatico all’interno di diversi programmi di ricerca riuscendo a intrappolare e marcare un campione di oltre 40 esemplari. Rilievi biometrici e l’uso della telemetria hanno permesso di acquisire importanti informazioni circa la morfometria, gli home range e la selezione dell’habitat di questo elusivo felide.

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