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Il personaggio

Don Totoni Cossu, il parroco che porta Dio nei bar di Bitti

di Valeria Gianoglio
Don Totoni Cossu, il parroco che porta Dio nei bar di Bitti

La missione del prete: «È mio dovere andare e gettare il seme. Iniziamo alle 19,30, facciamo una lettura e poi parliamo di amore e di perdono»

28 aprile 2024
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Bitti «Salude, buongiorno. Tottu bene? Itte parimmusu? Bella die, finalmente». Un battesimo appena celebrato nella chiesa di San Giorgio, preceduto da tre messe, ma per don Totoni Cossu pure l’aperitivo al bar dopo la liturgia domenicale, è occasione di ritrovo, nuovi proseliti, socialità, un commento sulla sua adorata Juve, i ricordi di quando giocava nel ruolo di libero allo Sporting Siniscola. E speranze da buon pastore di una comunità nella quale tanti vivono ancora di agricoltura. «Cosa dice, don Totò, pioverà? L’acqua ci serve». «Eh, speriamo – risponde lui – io ogni giorno prego perché piova, ma a pregare mi lasciate solo. Dobbiamo chiedere tutti insieme che piova, ma con calma, perché altrimenti anche da queste parti ne abbiamo paura».

Ed è lì, tra le mura anni ’70 del bar di Francesco Carzedda, a due passi dalla parrocchia nella parte più antica di Bitti, che ogni giorno di festa, dopo aver posato l’abito talare, don Totoni Cossu fa tappa insieme al suo volenteroso aiutante, Franco Contu. Lì dove tre anni fa, per caso ma non troppo, le circostanze lo avevano ispirato a portare la parola di Dio dove in genere regnano caffè, chiacchiere e l’inossidabile “0.20” bionda.

«Eravamo qui – ricorda davanti a un gruppetto di clienti del locale – come sono entrato dentro il bar ho visto un po’ di persone e ho detto “Vi ho segnato a tutti quanti l’assenza, stamattina in chiesa”. E loro, sorridendo, mi hanno detto “Eh, no, don Totò, se non viene lei qui ...”. “Già vengo anche da voi, ho risposto, accetto la sfida. Ed è così che è cominciato tutto: quella è stata la scintilla finale di qualcosa che avevo in animo di fare da tempo».

Tre anni dopo quella battuta, l’iniziativa passata alla storia e alle locandine sparse nel paese come “La mezza birra evangelica”, dall’esperimento è diventata una certezza. Dieci bar coinvolti per questa terza stagione – dai sette iniziali del 2022 – una media di trenta presenti, i locali che secondo un calendario programmato in netto anticipo per un’oretta in una sera prescelta ospitano don Totoni e il suo desiderio di portare la parola evangelica dove non era mai arrivata. «Gesù andava ovunque – ripete don Totoni – e questa è la mia visione di chiesa. Papa Francesco, specialmente in questo periodo, lo dice sempre, di andare fuori dalle chiese, in periferia, dove ci sono le persone. Tanto più in una società secolarizzata. Credo che sia il mio compito di sacerdote, far questo: andare, gettare il seme, incontrare le persone là dove si ritrovano. E sì, dunque, portare anche la chiesa all’interno dei bar. Del resto, nei nostri paesi, a Bitti ma non solo, il bar ha una funzione diversa dalla città. In città è il luogo del consumo, paghi un caffè, una bibita e te ne vai. Da noi, invece, il bar è il luogo di incontro, è il luogo dove le persone stanno insieme. E proprio per questo che ho voluto portare lì, la parola di Gesù».

E così gli incontri della “Mezza birra evangelica”, a Bitti sono arrivati già al terzo anno. Più o meno lo stesso copione, la stessa scansione oraria – «quest’anno li cominciamo al le 19.30 perché aspettiamo l’orario nel quale i pastoria tornano dalla campagna» – cambia solo il tema della lettura evangelica, e anche quello del dibattito e delle domande finali. «Quest’anno – racconta don Totoni – abbiamo parlato del tema dell’amore ma anche del perdono. Ed è allora che dico che il nostro prossimo è chiunque, anche chi ti è antipatico, ti ha offeso, e che bisogna amare anche i propri nemici. E dopo la lettura, quando lascio a tutti la parola, l’altro ieri c’è stato anche chi mi ha detto che perdonare un nemico non era possibile. E si sa, dalle nostre parti, la questione è davvero delicata. Gli ho risposto che il perdono, e il saper perdonare, è una grazia. E che dobbiamo chiederla al Signore, perché lui può darcela. E cito il caso di Eva Cannas, al Quadrivio, davanti a papa Giovanni Paolo II, quando ha perdonato gli assassini dei due fratelli».

«Mentre all’inizio dell’incontro – racconta ancora don Totoni – cominciamo con una preghiera. Poi ringrazio i presenti, introduco il tema. Durante l’incontro non si beve. Ma al termine, si sta insieme per un piccolo momento conviviale e il primo giro è sempre a conto del parroco». «La prossima frontiera dopo il bar? L’ho sperimentata già l’anno scorso e segue le mie origini, visto che vengo dal mondo della campagna – risponde don Totoni – ed è qualcosa che tocca gli ovili e le campagne. L’anno scorso abbiamo fatto qualche messa in cinque ovili, quest’anno, invece, abbiamo fatto una messa unica nella chiesa campestre di San Giovanni. E l’idea è di proseguire: lo Spirito santo ci guiderà».

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