La Nuova Sardegna

Nuoro

Corte d’Assise d’appello

Omicidio dell’allevatore Angelo Maria Piras, condannata Alice Flore

di Kety Sanna

	Il luogo dell'omicidio e Angelo Maria Piras
Il luogo dell'omicidio e Angelo Maria Piras

Nell’ultima udienza il procuratore capo aveva chiesto l’assoluzione per la donna

4 MINUTI DI LETTURA





Nuoro Si è concluso con una condanna a 21 anni di carcere il processo “bis” in Corte d’assise d’appello a Cagliari per l’omicidio di Angelo Maria Piras, l’allevatore di Lula ucciso a fucilate nel gennaio 2015. Unica imputata Alice Flore (difesa dagli avvocati Francesco Lai e Tito Flagella), accusata del delitto in concorso con l’ex marito, Nico Piras, fratello della vittima, ucciso a sua volta dal nipote Antonello (figlio di Angelo Maria ndr) la notte di Cortes apertas di 2 anni fa.

I familiari dell’allevatore ucciso si erano costituita parte civile con gli avvocati Giovanni Colli e Francesco Mossa. Una vicenda familiare e giudiziaria complicata, intervallata da assoluzioni, condanne e colpi di scena inaspettati. Gli imputati dopo essere stati assolti in primo grado dai giudici della Corte d’assise di Nuoro, con la formula “per non aver commesso il fatto”, erano stati condannati a 24 anni di reclusione in Corte d’assise d’appello a Sassari. Quindi la Cassazione aveva annullato la sentenza e rinviato a nuovo processo davanti alla Corte d’assise d’appello di Cagliari.

Il processo “bis” Le sorprese non erano finite: riaperta l’istruttoria, il presidente Massimo Poddighe aveva disposto nuove perizie sia sulla prova dello stub, a cui era stato sottoposto Nico Piras sei ore dopo l’omicidio del fratello, e che aveva dato esito negativo, sia sulle intercettazioni ambientali che all’alba del 25 gennaio avevano captato i dialoghi della coppia nel cortile di casa. A rafforzare l’impianto accusatorio, il rinvenimento di un paio di scarpe all’interno di una casa diroccata, aventi tracce biologiche dell’imputato, e di cui Alice Flore si sarebbe sbarazzata il giorno del delitto.

Il movente A unire tutti questi elementi un duplice movente, consistente nei contrasti tra la vittima e il fratello per questioni legate all’eredità, e la mancata restituzione di una ruspa che Angelo Maria avrebbe dovuto rendere a Nico. Elemento scatenante, il violento litigio scoppiato tra i due fratelli proprio il giorno prima dell’omicidio, nelle campagne alla periferia del paese.

Nuove trascrizioni Anche i cani di Nico Piras avevano avuto un ruolo importante nel corso del processo. Quando la microspia alle 4.31 del mattino del 25 gennaio aveva captato la voce di Alice Flore che diceva “picatinne battoro”, quattro per l’accusa erano i proiettili che il killer aveva usato per uccidere Angelo Maria, mentre per la difesa erano i panini che Nico Piras doveva dare in pasto ai cani per farli tacere. Ebbene: se i periti della Corte d’assise di Nuoro avevano trascritto: «Picatinne battoro non siat croccatu in cue» ossia “prendine quattro che potrebbe aver dormito lì”, i nuovi periti del processo “bis”avevano trascritto frasi diverse: «Preparatinne battoro non siat chi b’accates sos atteros» ossia “preparane quattro che non è detto possa trovarci gli altri”. Non solo: il perito nominato per filtrare, pulire e ascoltare l’audio nella sua relazione aveva riportato che l’imputata non era mai scesa dall’auto per poi buttare gli scarponi come, invece, sostenuto dall’accusa. Queste nuove e ultime trascrizioni erano state valutate positivamente dagli avvocati della difesa, perché avevano introdotto elementi a loro favore, smentendo alcuni aspetti che erano stati ritenuti certi dalla tesi accusatoria. Per i legali di parte civile, invece, dimostravano la totale inattendibilità della spiegazione data da Nico sull’uscita alle prime ore del mattino il giorno dell’omicidio del fratello.

La discussione E proprio sulla risultanza delle nuove perizie il procuratore capo Luigi Patronaggio aveva ritenuto provata la colpevolezza di Nico Piras, per il quale aveva dovuto chiedere di non doversi procedere per intervenuta morte del reo, e al contrario, non rtiendo provato il reato di concorso a carico di Alice Flore, aveva concluso chiedendo l’assoluzione. Gli avvocati di parte civile, sostenendo da soli l’accusa, in disaccordo con le conclusioni del procuratore avevano sollecitato una sentenza di condanna. A questa si era fermamente opposta la difesa degli imputati. L’avvocata Rita Dedola, legale di Nico Piras, ucciso la notte del 3 ottobre 2023, aveva voluto discutere, sollecitando un’assoluzione nel merito. Era seguita l’arringa dell’avvocato Lai che, dopo aver fatto una panoramica sulle indagini, si era concentrato sul movente che per lui aveva condizionato l’intero lavoro degli inquirenti. Il forte odio tra i due fratelli, secondo il legale, aveva influenzato tutta l’attività investigativa, nonché l’interpretazione dei vari indizi raccolti: dalle intercettazioni fino al significato che ad esse era stato attribuito. L’avvocato Flagella, si era poi soffermato sulla responsabilità concorsuale ipotizzata dall’accusa nei confronti dell’imputata, e considerando non provato il reato a suo carico ne aveva chiesto l’assoluzione. Ieri il pesante verdetto. I difensori di Alice Flore si dicono pronti a presentare ricorso in Cassazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Primo piano
La tragedia

Morte Gaia Costa a Porto Cervo: lunedì 14 luglio l’autopsia, martedì i funerali

di Tiziana Simula
Le nostre iniziative