La Nuova Sardegna

Olbia

Sbancamenti a Capo Ceraso, si indaga sui lavori di Marina Berlusconi

di Giampiero Cocco
Sbancamenti a Capo Ceraso, si indaga sui lavori di Marina Berlusconi

Olbia, aperto un fascicolo dopo il sopralluogo dei vigili urbani a Capo Ceraso sui 380 ettari della Edilizia Alta Italia del gruppo Fininvest, presieduto dalla figlia dell’ex premier, dove dovrebbe nascere il complesso residenziale

11 settembre 2012
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OLBIA. Il sogno di “Costa Turchese”, il mai nato complesso turistico-immobiliare che dovrebbe fare concorrenza alla blasonata Costa Smeralda, continua a dare grattacapi all’Edilizia Alta Italia Srl di Marina Berlusconi. La procura della Repubblica di Tempio ha inviato i suoi ufficiali di polizia giudiziaria per accertare se, all’interno dei 380 ettari tra Murta Maria e Capo Ceraso, siano state realizzate, di recente, infrastrutture viarie. Stradine di campagna che attraverserebbero gli sconfinati terreni che si affacciano sul mare a sud di Olbia dove, dagli anni Ottanta, Paolo Berlusconi prima e Marina Berlusconi poi intendono realizzare un mega insediamento turistico da 280 mila metri cubi tra villette, alberghi e approdi per mega yacht. A dare l’avvio all’inchiesta della magistratura era stato, nei mesi scorsi, il rapporto informativo degli agenti della polizia municipale di Olbia che, nell’ispezionare i chilometri di recinzione posizionate dalla “Edilizia Alta Italia srl” lungo tutto il perimetro dell’immenso patrimonio terriero (punti di confine regolarmente autorizzati dall’ufficio tecnico comunale), rilevarono anche una serie di opere non previste dalle carte depositate in Comune.

Una serie di sbancamenti e stradine che attraversano l’intero compendio, in un intreccio di stradine che formano un gigantesco reticolo all’interno delle proprietà della figlia maggiore del Cavaliere.

Il primo accertamento affidato dalla Procura agli agenti del corpo forestale della stazione di Olbia avrebbe confermato la presenza una rete di sbancamenti simili a «fasce tagliafuoco», ma percorribili con auto e fuoristrada, alle quali si può accedere attraverso una serie di cancelli. Ma è proprio la percorribilità dei tratturi che ha fatto scattare la seconda fase dell’inchiesta, e il magistrato inquirente, il procuratore della Repubblica Riccardo Rossi, ha disposto nei giorni scorsi una nuovo accesso all’intera area incaricando dei controlli, questa volta, gli uomini della polizia giudiziaria e, se sarà il caso anche gli specialisti del Noe, il nucleo di tutela ambientale dei carabinieri di Sassari, la cui competenza territoriale si estende sin oltre le spiagge di Capo Ceraso. Le verifiche sono già state avviate, e non è escluso che vengano impiegati i mezzi aerei, le cui immagini saranno confrontate con i rilievi aerofotogrammetrici depositati negli uffici dell’assessorato all’ambiente della Regione Sarda. L’intera zona, infatti, è vincolata da una serie di norme paesaggistici e ambientali che limitano ogni intervento dell’uomo. Compresa la realizzazione di strade o fasce tagliafuoco, se non preventivamente autorizzate. A far scoppiare il caso, lo scorso mese di marzo, erano stati gli amanti del “free camping” che, dai primi anni Sessanta, popolavano le splendide spiagge di Capo Ceraso colonizzandole con insediamenti abusivi, piazzando tende e improvvisati bivacchi (compresi angoli cottura e servizi igienici open air, a scarico diretto sul terreno) sotto i ginepri e la macchia mediterranea che cresce rigogliosa nella splendida località di mare. Una stagionale invasione di “turisti fai da te” alla quale i proprietari hanno cercato di mettere un freno, chiedendo e ottenendo dal Comune di Olbia l’autorizzazione a recintare, con chilometri di rete e paletti, l’intero perimetro. Dopo la recinzione, che quest’anno ha tenuto lontani gli amanti della spiaggia libera, sono comparse anche le stradine, non previste e subito segnalate, dai tanti “espropriati”, alle forze dell’ordine. Ora l’intervento della magistratura, che dovrà accertare se quell’immenso reticolo di fasce tagliafuoco siano state realizzate a scopo preventivo contro l’endemica piaga dell’isola – gli incendi estivi – o, come più banalmente affermano gli “espropriati”, siano propedeutiche ad un futuro insediamenti turistico.

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