La Nuova Sardegna

Olbia

Appello ai giovani: «Prudenti alla guida»

di Stefania Puorro
Appello ai giovani: «Prudenti alla guida»

Al convegno sugli incidenti stradali un ospite in carrozzina: «Sono seduto qui perché mi sono distratto in sella al motorino»

25 maggio 2014
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OLBIA. E’ un ospite speciale. Ma è soprattutto un ospite normale. Perché lui, da anni, a tanti ragazzi, spiega come normalizzare la disabilità abbattendo soprattutto le barriere mentali.

Alberto Corradi è un cinquantenne di Sassari, seduto su una sedia a rotelle da quando era ragazzo. Ma anche se ha perso completamente la sensibilità nelle gambe, la sua vita è ricca di dinamismo e ottimismo. Ha un negozio di ottica ed è istruttore di tennis. E’ lui a organizzare il Sardinia Open di Alghero (per tennisti in carrozzina), che per due anni di fila (nel 2012 e nel 2013) è stato proclamato il miglior torneo del mondo tra i 178 svolti in ogni angolo del pianeta.

Ma Alberto Corradi, stavolta, è stato invitato a Olbia al convegno su incidenti stradali e sicurezza (organizzato dalla polizia municipale in collaborazione con Comune e Provincia) per parlare con gli studenti delle scuole superiori. Per spiegare loro il perché sia su una carrozzina, per dire loro che quando si è al volante o seduti sulla sella di un ciclomotore, non bisogna mai distrarsi. Sì, perché una banale distrazione può provocare conseguenze gravissime.

«Quando ero un ragazzino - racconta Corradi, con a fianco il suo amico di sempre Nello Magliona, organizzatore di corsi di guida sicura -, sono caduto dal motorino. Sono finito in una grossa buca non segnalata, in via Rockefeller, a Sassari. Me la sono trovata improvvisamente davanti (mi precedeva un autobus) e non sono riuscito a evitarla. Sì, quella buca non era segnalata, ma anche io mi sono distratto: chiacchieravo con un amico seduto dietro. Forse, se non mi fossi messo a parlare e fossi stato più attento alla strada, la buca l’avrei evitata. Ecco perché dico oggi ai ragazzi di essere sempre vigili e attenti». Ma il messaggio di Alberto Corradi è anche un altro. «Bisogna saper soccorrere un ferito. Quindi è indispensabile, sempre, attendere l’arrivo dei medici. Lo dico perché io, con il motorino finito sulla mia schiena, avevo riportato una lesione parziale delle vertebre dorsali D7 e D8. Lesione che è diventata permanente, come mi hanno poi raccontato, perché chi mi ha aiutato, istintivamente mi ha tirato fuori dalla buca afferrandomi dalle braccia. Non do la colpa al mio soccorritore, ma lo ricordo per far sapere che si deve sempre aspettare l’ambulanza con i suoi operatori».

Dopo l’incidente, Alberto Corradi è rimasto in coma per sei giorni. «Appena mi sono svegliato, avevo davanti a me il viso di mio padre incorniciato da quei grandi occhiali. L’ho guardato, ho capito che qualcosa non andava. E allora le mie mani sono subito andate a cercare le gambe. Le ho pizzicate, senza sentirle».

Alberto Corradi, oggi, a distanza di tanti anni, non dimentica. Ma guarda avanti. Come ha sempre fatto. Sorride, scherza, descrive come la sua vita sia piena di impegni, spiega quanto sia forte la passione per il tennis.

La sua storia ha colpito molto la platea di giovani («oggi più informati e consapevoli su rischi e pericoli della strada», dirà poi Ettore Marcucci al convegno). Una storia che fa capire una volta di più che quando si guida, non lo si può fare con leggerezza. Perché si può rimanere segnati per sempre.

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