La Nuova Sardegna

Olbia

Liceali a Lampedusa: «Troppe bugie sull’immigrazione»

di Dario Budroni
Liceali a Lampedusa: «Troppe bugie sull’immigrazione»

Gli studenti del Gramsci nell’isola per capire il dramma «Ora vogliamo raccontare alla città cosa è l’accoglienza»

14 ottobre 2016
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OLBIA. Stipati come animali su vecchie barche sgangherate. Sono coperti di stracci, con lo sguardo perso nel vuoto, la pelle bruciata dalla salsedine. Sono uomini, donne e bambini che nella vita hanno avuto soltanto una fortuna: non finire annegati sul fondo del Mediterraneo. Storie di disperazione che troppo spesso vengono scambiate per apocalittiche invasioni barbariche. Per questo centinaia di studenti europei sono volati a Lampedusa. Per capire e confrontarsi. Tra loro anche quattro allievi olbiesi del liceo classico-linguistico Gramsci, in rappresentanza di una delegazione che per settimane ha lavorato sodo sul tema dell'immigrazione. «Cosa abbiamo capito? Che si raccontano tante bugie. Non è vero che i migranti sbarcano per rubare chissà che cosa a noi italiani. La realtà è diversa. Lo sapevamo anche prima, ma adesso abbiamo più consapevolezza», spiegano in coro. Gli studenti sono stati a Lampedusa in occasione della Giornata in memoria delle vittime dell'immigrazione, che cade ogni 3 ottobre per ricordare la strage del 2013, quando al largo dell’isola morirono 366 migranti, quasi tutti eritrei.

Il rispetto. La porta dell'Europa è un'isoletta di appena venti chilometri quadrati. Sulle sue bellissime coste continuano a sbarcare in migliaia. «Lampedusa ricorda un po' la Sardegna - racconta Maria Claudia Mereu -. È un bel posto e gli abitanti sono molto accoglienti. Questo è sicuramente un bene, visto il loro ruolo. Tutto accade nel massimo rispetto del prossimo, quasi non ci si accorge della continua emergenza. E soprattutto i lampedusani non provano alcun sentimento di fastidio, anche se generalmente si crede il contrario. Anzi, ci sono alcune coppie che hanno pure adottato dei bambini rimasti senza genitori». I ragazzi del Gramsci hanno visitato l'isola, partecipato a seminari e commemorazioni, visitato l'Area marina e incontrato gli uomini della Guardia costiera, per capire meglio le operazioni di salvataggio.

Mare di tragedie. Gli studenti olbiesi hanno anche ascoltato le storie di chi è riuscito a superare il mare Mediterraneo. Subito si sono accorti che la realtà è molto diversa da quella che spesso si racconta, sia per strada che su Facebook, su quelle bacheche che grondano di odio, bufale e intolleranza. «Li abbiamo visti e conosciuti. Sono stati incontri che ci hanno fatto aprire gli occhi e capire cosa realmente succede ai profughi - continua Maria Claudia Mereu -. Abbiamo parlato con persone che hanno vissuto veri e propri drammi, come per esempio perdere un fratello in mare». Una storia in particolare ha colpito il cuore degli studenti olbiesi: «Un uomo durante il viaggio è stato salvato dagli italiani, insieme alla moglie e al figlio più piccolo. Invece gli altri due figli sono stati recuperati da Malta. Ora, per ritrovarli, quest'uomo sta facendo test del dna in tutta Europa. Ma in realtà non si sa se i figli siano vivi».

Porte aperte. I ragazzi del Gramsci sanno di avere una missione importante. Ora vogliono parlare a tutti della loro esperienza, in una città che ha sempre fatto dell'accoglienza uno dei suoi valori ma non immune al razzismo e all'intolleranza. «Il nostro obiettivo adesso è la sensibilizzazione, vogliamo far capire che l'accoglienza è importante», spiega Ester Deriu. «Vogliamo passare ai fatti, magari creando dei progetti - aggiunge Francesca Picciaredda -. Spesso anche a scuola, come nel resto della società, ci sono contrasti di idee. Sul fenomeno dell'immigrazione si raccontano cose non vere. C'è chi crede che i profughi vengano qui per non pagare le tasse o per toglierci qualcosa. Invece non è così».

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