La Nuova Sardegna

Olbia

Molara, sull’isola paradiso un papa e i pirati saraceni

di Dario Budroni
Molara, sull’isola paradiso un papa e i pirati saraceni

Storia e leggenda si incrociano nell’acqua cristallina alle spalle di Tavolara I ruderi dell’azienda agricola costruita nell’Ottocento dalla famiglia Tamponi 

25 settembre 2017
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OLBIA. Il massimo della vita è mettersi in marcia lungo i suoi antichi e tortuosi sentieri, su vecchie stradine un tempo percorse dai carri trainati dai buoi e adesso dominate dal silenzio tipico di un’isola deserta. Il fascino di Molara diventa subito irresistibile. Che qui si annidino segreti e misteri lo si intuisce appena si mette piede sullo scoglio che qualcuno, chissà quanto tempo fa, ha trasformato in un molo per piccole imbarcazioni. Molara si presenta come un’isola incontaminata, colorata dal verde scuro della macchia mediterranea e circondata da un mare limpido come una piscina. E basta fare due passi verso l’interno per imbattersi nella sua storia millenaria. Si dice che l’isola abbia addirittura ospitato un papa, costretto ai lavori forzati dai romani, mentre tutto attorno riecheggiano ancora storie di pirati, monache, pastori e giovani amanti. Segreti che la neonata associazione Molara ha deciso di svelare con una serie di escursioni.

Il formaggio di Molara. Si parte da Cala del Pastore, dove nasce un sentiero che arriva in un’azienda agricola fuori uso con uno stazzo, una casa colonica, stalle, caseificio e scuderia. L’azienda venne costruita nel 1870 dagli attuali proprietari dell’isola, la famiglia Tamponi, e rimase in funzione per oltre un secolo. Si allevavano soprattutto capre e bovini e si produceva il formaggio. Ai tempi Molara era autosufficiente: la farina si otteneva dalla coltivazione del grano e le sorgenti assicuravano l’acqua.

Amanti e banditi. La visita riserva sorprese. Oltre a imbattersi in animali come mucche e capre, si scoprono tanti pezzi di storia. Come la Grotta del bandito. Si dice che qui, nell’Ottocento, abbia trovato rifugio un fuorilegge. Invece è certo che negli anni ‘50 del Novecento la grotta ospitò una coppia di giovani amanti in fuga dalla famiglia di lei, che si opponeva all’unione. I due furono ospitati da un pastore che dovette anche stemperare l’ira del padre della ragazza, sbarcato a Molara con le armi in pugno. Alla fine i due si sposarono.

L’isola di papa Ponziano. La storia più affascinante è sicuramente quella di papa Ponziano. Una vicenda che è terreno di discussione degli storici. L’archeologo Agostino Amucano, ad esempio, sostiene che l’isola in questione non sia Molara ma una dell’arcipelago maddalenino. La tradizione, comunque, vuole questo: nel 230 dopo Cristo venne eletto 18° papa un uomo di nome Ponziano, poi deportato a Molara sotto l’imperatore romano Massimino il Trace. Ponziano morì stremato dai lavori forzati. Però fece in tempo a dimettersi per permettere l’elezione di un nuovo papa. Mille anni dopo venne costruita una chiesetta intitolata al pontefice, con un monastero. I ruderi sono visibili. L’abside è ancora in piedi, ma un pezzo di muro è crollato durante l’alluvione del 2013. Per questa tradizione che a una parrocchia olbiese è stato dato il nome San Ponziano. Nei giorni scorsi la parrocchia ha organizzato un ciclo di conferenze sul papa martire. Ieri la festa con la processione a mare.

I pirati. Molara ha conosciuto la pirateria. Nel medioevo diventò base di una flotta di pirati saraceni. Su quella che oggi è nota come punta Casteddu venne quindi costruito un piccolo castello, in parte ancora in piedi, per vigilare sullo specchio di mare tra Molara e Tavolara aperto verso il Tirreno.

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