La Nuova Sardegna

Olbia

Il piano anti-alluvione resta l’unica certezza per una città a rischio

di Serena Lullia
Il piano anti-alluvione resta l’unica certezza per una città a rischio

Fino a oggi interventi tampone e la demolizione di due ponti Lungo l’elenco delle opere incongrue che vanno abbattute

19 novembre 2019
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OLBIA. Lo sguardo resta fisso al cielo quando la pioggia comincia a venire giù a secchiate. Il cuore si gonfia di paura. I ricordi di quel pomeriggio di fango e lacrime di sei anni fa riemergono. Ci si domanda cosa succederebbe se un’ alluvione simile a quella del 2013 si verificasse oggi. Ogni olbiese se lo chiede in silenzio, perché dirlo a voce alta potrebbe scatenare il panico. Difficile prevedere come si comporterà la natura, martoriata dall’uomo, avvelenata dall’inquinamento e maltratta dal cemento. Nessun tecnico se la sente di affermare che Olbia sia a rischio. Ma nemmeno che uscirebbe indenne da un evento di maltempo eccezionale. Le uniche certezze sulla sicurezza della città, che tra l’altro non potranno mai essere al 100%, potranno arrivare solo dall’attuazione del Piano di mitigazione del rischio idraulico.

Cosa è cambiato. La furia delle acque, in quel pomeriggio del 18 novembre 2013, travolse la strada per Monte Pino. Tra Olbia e Tempio. La montagna di terra sui scorreva la strada, alta 25 metri, si sbriciolò al passaggio delle auto travolgendole. La valanga di detriti si tuffò nel fiume. Di certo non causò l’ondata di piena a Olbia, ma contribuì ad aumentare la violenza del corso d’acqua. Oggi quel cantiere è fermo.

Ponte di via Veneto. Nel 2015, mentre la città si preparava ad affrontare il suo secondo ciclone, il sindaco Giovannelli prendeva una decisione che allora a qualcuno apparve folle. Fece abbattere sotto la pioggia il ponte di via Vittorio Veneto. Per evitare che ancora una volta facesse da tappo deviando l’acqua sul quartiere di Isticadeddu, già colpito con violenza da Cleopatra. Oggi quel ponte è stato ricostruito, più alto e largo per consentire il deflusso delle acque. Questo significa che il fiume, senza l’ostacolo creato dal vecchio ponte, scorre molto più rapidamente a valle. Non a caso l’opera fa paura ai residenti di Baratta, zona a cui non servono eventi eccezionali per finire sotto l’acqua.

Canali tombati. I canali tombati, in cui i fiumi scorrono sotto la città, restano uno dei grandi pericoli. Nel 2013 furono tappati da macchine, barche, alberi, detriti di ogni tipo. Oggi, almeno quelli di superficie, vengono puliti prima dell’inizio della stagione delle piogge. Certo non tutti. I cittadini sono i primi a segnalarne alcuni foderati di piante e canneti.

Rampa del Nespoli. Di sicuro l’abbattimento dell’inutile rampa del Nespoli, avvenuto nel 2017, non avrebbe effetti clamorosi oggi di fronte alla piena dei fiumi. Ma è comunque un altro tappo che nel 2013 contribuì a deviare l’acqua. Questa volta a farne le spese fu zona Bandinu. La rampa era solo una delle opere finite nella black list post-alluvione. Un elenco dettagliato dei ponti inutili da abbattere. Pilastro del Piano Mancini salvate in parte anche dalla giunta Nizzi con il Piano alternativo. Ma ancora non demolite. Dal sottopasso di via Amba Alagi a al ponte di via D’Annunzio sul canale Zozò. Tutti ostacoli pericolosi.

Cercasi certezze. L’unica opera che potrà dare sicurezza alla città è quella prevista nel Piano anti-alluvione. Che si tratti delle vasche di laminazione o del canale scolmatore, Olbia dopo 6 anni ha bisogno di certezze. Le chiedono i cittadini a quella classe politica nelle cui mani hanno messo le loro vite.

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