Olbiesi bloccati in Malesia: aiutateci a ritornare a casa
Il disperato appello di due 29enni intrappolati nella capitale in piena emergenza «Costi dei biglietti aerei esorbitanti e scaricati dall’ambasciata italiana»
27 marzo 2020
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OLBIA. Bloccati in Malesia, intrappolati dall’altra parte del mondo dall’emergenza coronavirus. Da dieci giorni cercano disperatamente di trovare il modo di rientrare a casa, a Olbia, e mettere fine a quest’incubo, ma Oscar Asara e Laura Curreli, di 29 anni, sono ancora lì, imprigionati in una stanza a Kuala Lumpur, la capitale della Malesia: l’unico aiuto ricevuto dall’ambasciata italiana in Malesia è stata l’indicazione di un volo, tra l’altro “non diretto”, al costo di 1200 euro. «Ma noi questi soldi non li abbiamo». Ieri, disperati, non vedendo una via d’uscita hanno inviato una mail a giornali e testate online: «Aiutateci a ritornare a casa».
Oscar e Laura era stati un anno in Australia per lavoro. Scaduto il visto, erano partiti per la Malesia per qualche settimana per poi rientrare in Sardegna. La loro incredibile storia comincia il 17 marzo. «Ci siamo messi in contatto con l’ambasciata italiana a Kuala Lumpur per capire qual’era la cosa migliore da fare: tornare a casa subito o attendere qui che le acque si calmassero. Loro ci hanno risposto che era meglio prendere, “se riuscivamo”, un volo per tornare a casa. Ci hanno suggerito dei voli che ci avrebbero portato in Europa ma non in Italia, a cifre esorbitanti: 1500, 2000 euro. Essendo al momento disoccupati e provenienti dall’Australia prima che la tragedia iniziasse, non potevamo di certo permetterci di volare a quelle cifre. Il 20 marzo, siamo stati ricontattati dalla nostra ambasciata che ci avvisava di un volo diretto organizzato ad hoc dalle autorità malesi per rimpatriare gli italiani rimasti bloccati là. Volo che sarebbe dovuto partire il 22 marzo alle 3:30 del mattino dall’aeroporto di Kuala Lumpur, il tutto senza alcun dettaglio sui prezzi». Ma il giorno prima della partenza, una mail dell’ambasciata li ha avvisati che il volo era stato rinviato perché le autorità malesi chiedevano ai passeggeri di fare il tampone per il Covid 19. Nel caso qualcuno fosse risultato positivo, non sarebbe stato imbarcato. Così, il 23 marzo i due ragazzi fanno il tampone. Che gli costa ben 150 euro a testa. Nelle mail dell’ambasciata non viene invece specificato il costo del biglietto aereo. «Quando abbiamo fatto il tampone – raccontano – abbiamo chiesto a un italiano che presumibilmente sarebbe dovuto essere membro dell’ambasciata informazioni sul prezzo: non volevamo avere brutte sorprese dopo le cifre esorbitanti che ci erano state già chieste e dopo esserci pagati anche i tamponi. Lui ha risposto che non sapeva ancora nulla, specificando però che sarebbe stato solo un “contributo”». Ma così non è stato. Nella mail successiva veniva indicato il costo: 1200 euro per un volo, tra l’altro, non più diretto. «Abbiamo risposto di no perché era un prezzo troppo alto. Abbiamo chiesto loro i risultati del test ma non abbiamo più ricevuto risposta. Continuiamo a contattarli, senza alcun risultato. Aiutateci a tornare a casa». (t.s.)
Oscar e Laura era stati un anno in Australia per lavoro. Scaduto il visto, erano partiti per la Malesia per qualche settimana per poi rientrare in Sardegna. La loro incredibile storia comincia il 17 marzo. «Ci siamo messi in contatto con l’ambasciata italiana a Kuala Lumpur per capire qual’era la cosa migliore da fare: tornare a casa subito o attendere qui che le acque si calmassero. Loro ci hanno risposto che era meglio prendere, “se riuscivamo”, un volo per tornare a casa. Ci hanno suggerito dei voli che ci avrebbero portato in Europa ma non in Italia, a cifre esorbitanti: 1500, 2000 euro. Essendo al momento disoccupati e provenienti dall’Australia prima che la tragedia iniziasse, non potevamo di certo permetterci di volare a quelle cifre. Il 20 marzo, siamo stati ricontattati dalla nostra ambasciata che ci avvisava di un volo diretto organizzato ad hoc dalle autorità malesi per rimpatriare gli italiani rimasti bloccati là. Volo che sarebbe dovuto partire il 22 marzo alle 3:30 del mattino dall’aeroporto di Kuala Lumpur, il tutto senza alcun dettaglio sui prezzi». Ma il giorno prima della partenza, una mail dell’ambasciata li ha avvisati che il volo era stato rinviato perché le autorità malesi chiedevano ai passeggeri di fare il tampone per il Covid 19. Nel caso qualcuno fosse risultato positivo, non sarebbe stato imbarcato. Così, il 23 marzo i due ragazzi fanno il tampone. Che gli costa ben 150 euro a testa. Nelle mail dell’ambasciata non viene invece specificato il costo del biglietto aereo. «Quando abbiamo fatto il tampone – raccontano – abbiamo chiesto a un italiano che presumibilmente sarebbe dovuto essere membro dell’ambasciata informazioni sul prezzo: non volevamo avere brutte sorprese dopo le cifre esorbitanti che ci erano state già chieste e dopo esserci pagati anche i tamponi. Lui ha risposto che non sapeva ancora nulla, specificando però che sarebbe stato solo un “contributo”». Ma così non è stato. Nella mail successiva veniva indicato il costo: 1200 euro per un volo, tra l’altro, non più diretto. «Abbiamo risposto di no perché era un prezzo troppo alto. Abbiamo chiesto loro i risultati del test ma non abbiamo più ricevuto risposta. Continuiamo a contattarli, senza alcun risultato. Aiutateci a tornare a casa». (t.s.)