La Nuova Sardegna

Olbia

Per i siti archeologici a rischio c’è un piano da 600 mila euro

di Dario Budroni
Per i siti archeologici a rischio c’è un piano da 600 mila euro

Interventi in quattro insediamenti: la cisterna e la fattoria romane, le mura e le officine puniche  Il Comune: «Stato di conservazione precario. Intervento tempestivo per evitare danni irreparabili»

04 giugno 2020
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OLBIA. La storia si sgretola e rischia di scomparire. Serve quindi intervenire, prima che incuria e vandalismo assestino il definitivo colpo di grazia. Sono due i siti archeologici olbiesi a soffrire più di tutti: la cisterna romana di Sa Rughittula e la fattoria romana di S’Imbalconadu. A seguire le mura puniche di via Torino e le officine puniche di via Nanni. Il Comune, che già aveva ricevuto alcuni soldi dalla Regione, ha così chiesto ulteriori finanziamenti e ha inoltre approvato un progetto di fattibilità tecnico-economica che elenca le strategie di messa in sicurezza, manutenzione e valorizzazione dei siti.

Storia da salvare. Per i quattro siti il Comune ha bisogno di 611 mila euro. Nei mesi scorsi la Regione ne aveva già stanziati 190 mila, che si sono però rivelati insufficienti. «Il maltempo ha peggiorato la situazione, in particolare nella cisterna e nella fattoria – spiega Sabrina Serra, assessora alla Cultura -. Quindi ciò che chiediamo alla Regione è un incremento di risorse. Anche noi potremo stanziare alcuni fondi. L’obiettivo è salvare subito i nostri siti archeologici». Anche perché i sopralluoghi della Soprintendenza, come si legge nella delibera di giunta sul progetto di fattibilità, hanno dato risultati chiari: «È emerso che lo stato di conservazione è precario. Il perdurare di questa situazione porterà a un danneggiamento irreparabile del bene».

Il degrado. Il Comune, in base anche alle risorse che ha a disposizione, comincerà quindi a mettere in salvo i monumenti più a rischio. Si partirà con la cisterna romana (a un passo dal crollo) di fronte all’acquedotto di età imperiale di Sa Rughittula, a Cabu Abbas. Poi la fattoria romana di S’Imbalconadu, sulla sponda del Padrongianus, chiusa dal marzo 2019 per l’instabilità della tettoia. Infine i resti delle officine puniche di via Nanni e le mura puniche di via Torino, terra di nessuno.

Altri interventi. In futuro si potrà intervenire anche in altri siti archeologici. Basti pensare al milione di euro che la Soprintendenza è riuscita a portare a casa nei mesi scorsi grazie a dei fondi ministeriali passati poi per la Regione. Soldi che saranno impiegati per scavare e rendere accessibile il nuraghe Belveghile: sotto le travi di cemento armato di un viadotto a nord della città. Inoltre la Soprintendenza è riuscita a ottenere 700mila euro per ristrutturare due capannoni dell’ex artiglieria Santa Cecilia, che saranno trasformati in un polo museale.

Musei chiusi. Con il lockdown il Comune ha chiuso il museo archeologico e la necropoli di San Simplicio. Uno stop che ha i giorni contati. «Li riapriremo nel corso delle prossime settimane – spiega Sabrina Serra -. Abbiamo preferito aspettare il via ai voli e l’arrivo dei turisti».

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