La Nuova Sardegna

Olbia

Paura e degrado in un palazzo a Olbia: «Vogliamo sfrattare gli abusivi»

di Dario Budroni
Paura e degrado in un palazzo a Olbia: «Vogliamo sfrattare gli abusivi»

I proprietari della struttura di viale Aldo Moro: «Non riusciamo a recuperare l’immobile». Il Comune verso un intervento

24 dicembre 2021
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OLBIA. Il palazzo è una bomba sociale che è già esplosa. Dopo anni di occupazioni, spaccio, rifiuti e violenze, qualcosa potrebbe presto accadere tra le mura di questo edificio finito in rovina. Il sindaco Settimo Nizzi spiega che è già da un pezzo che il Comune sta monitorando la situazione. E poi assicura: «Interverremo molto presto, faremo tutto ciò possiamo fare». Il palazzo che si affaccia sulle vie Aldo Moro, Peruzzi e Longhena, che un tempo ospitava gli uffici della Assl, due ristoranti e una banca, potrebbe dunque andare presto incontro a uno sgombero. O a qualcosa del genere. Sarebbe l’unica soluzione. Perché sono circa tre anni che la situazione, all’interno della struttura, è pericolosamente precipitata. Molti alloggi sono stati occupati e il palazzo è stato trasformato in una gigantesca discarica in pieno centro. Come se non bastasse, alcune delle case tugurio fanno da quinta a reti di spaccio, furti e giri di prostituzione. La proprietà della struttura, che da tempo deve fare i conti con le occupazioni di diversi alloggi, auspica che si faccia il possibile per liberare definitivamente il palazzo.

La proprietà. A parlare è Salvatore Deiana, legale di Alturcampa, la società proprietaria dello stabile riconducibile alla famiglia Pulcini. «Sono circa tre anni che si sta facendo il possibile per recuperare l’immobile – spiega Deiana –. L’edificio si trova in una situazione di degrado inaccettabile. Tutto ciò non è per nulla decoroso, né per la città né per il gruppo che rappresento». Il condominio del palazzone di viale Aldo Moro ha ufficialmente cessato di esistere da circa un anno. Ma è da prima che, qui dentro, continua a succedere un po’ di tutto. Molte famiglie che pagavano l’affitto sono man mano andate via. Altre sono rimaste. E altre persone ancora, per nulla raccomandabili, sono nel frattempo arrivate, occupando gli spazi lasciati liberi. Considerato il numero degli abusivi, Abbanoa ha da poco staccato l’acqua a tutto il palazzo, ma qualcuno è comunque riuscito a collegarsi nuovamente alla rete. Insomma, una situazione difficile da risolvere. Anche perché nell’immobile, ancora oggi, abitano alcune famiglie con minori a carico. E non è da escludere, inoltre, che nel frattempo qualcuno abbia addirittura messo in piedi un sistema di subaffitti naturalmente illegale. La proprietà, in ogni caso, aveva fatto partire una ventina di procedure di sfratto, i cui iter si sono rallentati anche per via del Covid. «Questa situazione è stata denunciata sia all’autorità di pubblica sicurezza che al Comune – continua Deiana –. In futuro il palazzo sarà interessato da una operazione di riqualificazione, stiamo parlando di un investimento molto importante che darà lustro alla città. Un investimento a cui la proprietà tiene molto ma che non è stato ancora possibile proprio a causa di questa situazione».

Il degrado. Il palazzo è abitato da famiglie che non hanno un luogo migliore dove andare. E anche da persone che sono al centro di giri di spaccio e prostituzione. Nel luglio del 2019, in una di queste stanze, era stata trovata morta una 31enne, Selene Barbuscia. A mettere fine alla sua vita era stata una overdose, anche se la famiglia sostiene che la giovane sia stata in realtà uccisa e che qualcuno le abbia iniettato la dose nel braccio. E poi ci sono i rifiuti. Tantissimi e dappertutto: sulle scale, dentro gli alloggi, nel cortile. Una situazione che preoccupa Antonella Meloni, commissaria di Adiconsum a Olbia. «Siamo intervenuti di recente in occasione della rimozione di un contatore – spiega –. E ci siamo imbattuti in una situazione ombrosa, di non facile comprensione. I nostri assistiti, comunque, hanno lasciato l’immobile e la stessa cosa hanno fatto altre famiglie. Penso che sia arrivato il momento di intervenire. Non si può vivere lì. Non ci sono né le condizioni igienico sanitarie né le condizioni di sicurezza personale».

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