La Nuova Sardegna

Olbia

La Cgil gallurese: «Pagateli il giusto e troverete i lavoratori»

La Cgil gallurese: «Pagateli il giusto e troverete i lavoratori»

Deiana, segretario territoriale della Filcams, risponde all’allarme degli operatori «Retribuzioni e orari inaccettabili: ecco perché vengono preferiti altri settori»

20 aprile 2022
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OLBIA. Non è colpa del reddito di cittadinanza se vi mancano i lavoratori, pagateli il giusto e troverete il personale che vi manca. Detta in poche parole, è questa la risposta della Cgil Gallura all’allarme degli operatori del settore turistico-ricettivo mentre con la Pasqua prende il via la stagione 2022. La risposta arriva attraverso Danilo Deiana, il segretario generale della Filcams, il sindacato di categoria. «I lavoratori stagionali del turismo – spiega – mancano non per colpa del reddito di cittadinanza: in Gallura lo percepisce appena il 4% della popolazione e il numero di chi ne ha usufruito nel 2021 è in netto calo rispetto al 2019 (-27%). I lavoratori mancano perché molte aziende propongono contratti inaccettabili: 10, 12 ore di lavoro al giorno senza giorni di riposo per 900/1200 euro al mese».

Deiana entra nel dettaglio. «Ci sono due tipi di imprese – prosegue – Da una parte quelle che fanno assunzioni in regola, secondo il contratto nazionale. Dall’altra quelle che assumono i lavoratori con contratti part time, per risparmiare, e li obbligano a lavorare anche 10 e 12 ore al giorno, magari anche senza riposi sette giorni su sette, in condizioni quasi disumane, con retribuzioni all inclusive (retribuzione ordinaria, straordinari, Tfr, tredicesima, quattordicesima, ferie e permessi) tra i 900 e i 1200 euro al mese. A fine stagione, nei nostri uffici di Olbia abbiamo il 70% di vertenze proprio per questo ultimo motivo». Ecco spiegato, prosegue il segretario della Filcams, perché «il lavoratore stagionale, con queste condizioni, non ha alcun incentivo valido e preferisce cercare lavoro in altri settori, più gratificanti dal punto di vista retributivo e meno sacrificanti».

I numeri, spesso, dicono più delle parole e Deiana illustra quelli che dovrebbero rispettare gli operatori. «Un cuoco unico CCNL Turismo Confcommercio – spiega – ha, secondo previsione contrattuale, diritto al 3° livello con una retribuzione lorda per 40 ore settimanali, con un giorno di riposo la settimana, pari a 1654,41 euro. Un cuoco capo partita, un barman, un pizzaiolo sono inquadrati al 4° livello con una retribuzione lorda pari a 1559,03 euro. Un cameriere, un barista sono inquadrati al 5° livello con una retribuzione lorda pari a 1458,58 euro. Un commis, un addetto ai servizi di camera sono inquadrati al 6° livello con una retribuzione lorda pari a 1400,71 euro. A tutte queste retribuzioni vanno poi aggiunti istituti contrattuali quali 13esima, 14esima, Tfr, eventuali ferie e permessi non goduti, lavoro straordinario diurno con maggiorazione sulla paga oraria del 30%, lavoro straordinario notturno (22/06) 60%, lavoro festivo ordinario 20%, lavoro notturno ordinario 25%, lavoro domenicale 10%. Il lavoro si deve pagare e rispettare!».

A maggior ragione perché i contratti durano pochi mesi. «Se fino al 2019 – aggiunge il segretario della Filcams Cgil – la stagione turistica durava dai 3 ai 6 mesi, durante il Covid i contratti sono stati attivati di mese in mese. Questo ha creato un problema enorme sia dal punto di vista della retribuzione che da quello delle prestazioni a sostegno del reddito. Prendiamo l’indennità di disoccupazione, la Naspi, che dal 2015 copre la metà del periodo lavorato. Poniamo che un lavoratore abbia lavorato per due mesi. Avrà come copertura della Naspi solo un mese. C’è poi il problema contributivo. Con pochi mesi di lavoro si ha sempre meno diritto alla pensione, e questo vale sia per il lavoratore giovane che si affaccia al mondo del lavoro e sia per quello di una certa età».

Se vi state chiedendo perché la gente preferisce lavorare in altri settori, conclude Deiana, riflettete su quei numeri. (a.se.)
 

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