La Nuova Sardegna

Olbia

L’intervista

Berchidda e Time in Jazz: quel lungo viaggio alla scoperta dell’anima dei sardi

di Marco Bittau
Berchidda e Time in Jazz: quel lungo viaggio alla scoperta dell’anima dei sardi

Paolo Fresu racconta vita e storia del festival e dell’omonima associazione. Il volontariato, i legami con il territorio, Insula Lab e i progetti per il futuro

14 maggio 2024
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Berchidda. Trentasette edizioni di Time in Jazz sono un macigno sulle spalle dell’omonima associazione guidata da Paolo Fresu che in tutto questo tempo ha scavato nel cuore della Sardegna alla ricerca della sua anima migliore. Quello che è successo in tutti questi anni a Berchidda è la conferma che i sardi conservano identità e tradizione, ma hanno anche una vocazione internazionale che non conosce differenze di lingua, religione o colore della pelle. È difficile oggi trovare artisti di livello internazionale che non si siano esibiti sul palcoscenico di Time in Jazz. Ed è difficile anche trovare una manifestazione che, come il festival di Berchidda, ha adottato la filosofia di temi conduttori di grande impatto e attualità elevando anche oltre la musica jazz il contenuto e lo spessore del festival. Con questa impostazione, unica nel suo genere e all’avanguardia, il direttivo appena rinnovato dell’associazione ha varato un programma che – come sostiene lo stesso Paolo Fresu – caratterizzerà non solo le prossime manifestazioni ma anche una serie di progetti e di impegni che avranno uno svolgimento articolato nel tempo, senza perdere di vista il progetto originario.

Time in Jazz è un’associazione che non si occupa solo dell’organizzazione del celebre festival ma costituisce un polo culturale autorevole. Quali sono le attività previste dallo statuto e quelle che intende sviluppare?

«Le finalità statutarie sono lo studio, la diffusione, la promozione e la salvaguardia della musica in tutte le sue forme e delle arti, nonché la crescita socio-culturale e turistica del territorio in cui opera. Crediamo che siano state perseguite seppure ci sia sempre una indagine in corso su quelli che possono essere i nuovi percorsi del contemporaneo in relazione con le istanze del presente che, indubbiamente, sono cambiate rispetto al passato».

L’associazione nasce a Berchidda nel 1997 con una ricaduta di prestigio su tutta la Sardegna. Quali sono i rapporti con il territorio e con i centri confinanti? Quali sono le strategie di sviluppo sotto questo punto di vista?

«I rapporti con il territorio sono virtuosi non solo perché ciò è necessario e rientra pienamente nella missione dell’associazione, ma perché si è consci che il successo del festival derivi proprio dal fatto che questo si sviluppa in uno specifico territorio che ne disegna la forma e che ne racconta la filosofia. Time in Jazz è nato a Berchidda e poi si è ampliato nel tempo consumando i concerti nei luoghi più belli e suggestivi dell’isola tra chiese campestri e basiliche, siti archeologici e piazze, boschi e radure, rive di fiumi e laghi, oltre che spiagge e pinete, senza dimenticare le traversate marittime e quelle aeree. In questi anni c’è sempre più attenzione alle relazioni con i centri limitrofi, soprattutto quelli del Monte Acuto, convinti che sia nella costruzione di questa sinergia il futuro delle comunità locali. Per questo nel nuovo direttivo dell’associazione ci sono membri che provengono da altri paesi e città. Time in Jazz ha una vocazione internazionale che deve essere espressa attraverso le voci plurali dei tanti e la musica disegna da sempre una geografia labile che si esprime attraverso l’apertura che diviene la cifra di lettura dell’arte».

Molte attività sono possibili solo con il prezioso ausilio dei volontari poiché manifestazioni come Time in Jazz sono parecchio costose e non sempre si hanno i fondi necessari.

«Il volontariato è da sempre stato alla base della nostra attività e permea in maniera evidente il nostro operare. Perché rappresenta il virtuoso rapporto con la società e garantisce quel principio collaborativo che oggi si definisce della “cittadinanza attiva” Se il prezioso ausilio dei volontari permette di operare un risparmio sui costi della organizzazione credo che il vero motivo di interesse sia soprattutto quello di sviluppare una ricchezza di relazioni e contatti che, soprattutto per il mondo giovanile, fa sì che il festival e le manifestazioni collaterali creino uno straordinario indotto di conoscenza e di scambio. Un festival non è solo un momento di gioia e di svago ma una occasione per costruire e riflettere».

“Insulae Lab” è un’organizzazione nata da una costola di Time in Jazz per favorire l’incontro di musicisti dell’area del Mediterraneo. Quali sono i risultati e quali i programmi?

«Siamo molto soddisfatti del lavoro fatto dal centro di produzione del jazz “Insulae Lab” in questi primi due anni. Abbiamo prodotto circa venti spettacoli originali coinvolgendo artiste ed artisti provenienti da tutte le isole del Mediterraneo e che spesso non si erano mai incontrati. Progetti spesso legati alla cultura della Sardegna e che sono diventati il tema dato per scavare nella musica e nell’arte. Progetti ai quali abbiamo dato vita e che ora girano per l’Italia e per l’Europa raccontando la Sardegna e il Mediterraneo. Oltre a questi abbiamo organizzato oltre 120 concerti non solo a Berchidda ma in tutta la Sardegna portandoli anche nei piccoli comuni e nei luoghi speciali della ra Isola. Questo è il nostro intento e questa è la missione di “Insulae Lab”: rendere la musica e la cultura di tutti senza dover necessariamente dipendere da ciò che proviene dai grandi poli culturali ma anzi, come è per il festival Time in Jazz, facendoci forti ancora una volta delle peculiarità locali. Inoltre, “Insulae Lab” da una chiara risposta alla domanda sullo spopolamento dei borghi e colma quel divario temporale tra il festival estivo e il resto dell’anno. Berchidda è oggi un polo culturale e un laboratorio perenne in grado di offrire concretamente sviluppo locale e territoriale oltre che occasioni di crescita personale e collettiva».

Time in Jazz ha acquistato un immobile – La Casara – nella quale ha stabilito la sua sede. E un segno importante per l’associazione e il territorio. Quali programmi su questo edificio?

«La Casara è la nostra “casa” ma è anche un luogo di tutti. Una ex struttura casearia di circa 1500 metri quadrati che abbiamo recuperato e che oggi ha all’interno non solo i nostri uffici ma anche una pinacoteca, uno spazio espositivo e concertistico, un luogo di stoccaggio dei molteplici materiali e un giardino (Sa Colte ‘e su Oltiju) dove svolgiamo sia le attività dedicate all’infanzia che le presentazioni librarie. Uno spazio da vivere durante tutto l’arco dell’anno che diviene un polmone culturale e di svago messo a disposizione del paese».

Grandi idee, progetti, spazi: però servono anche sostegno e ingenti risorse finanziarie…

«L’obiettivo futuro è intercettare forme di finanziamento che ci permettano di ristrutturare l’ultimo piano dello stabile dove poter costruire una foresteria in grado di ospitare artisti, volontari e tecnici. Sarebbe un aiuto importante visto che a Berchidda i posti letto non sono sufficienti. Inoltre si vorrebbe ripristinare il campeggio per dare l’opportunità ai giovani di partecipare alle varie manifestazioni e, di concerto con il Comune e con il sindaco Andrea Nieddu, si è in dirittura d’arrivo nel dare finalmente una collocazione al Laber, l’ex cooperativa La Berchiddese, di proprietà comunale dove nasceranno altri alloggi e uno studio di registrazione, oltre spazi per le attività delle tante associazioni culturali e sportive di Berchidda. Bisogna dare atto alle amministrazioni che si sono succedute in questi anni, e oggi a quella attuale, del grande impegno profuso nel supportare le nostre attività nonché l’averne sposato le visioni e condiviso gli obiettivi».

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