La Nuova Sardegna

Olbia

La tragedia

Naufragio a Capo Figari: «In mare ho perso un amico, la sua morte mi tormenta»

di Tiziana Simula
Naufragio a Capo Figari: «In mare ho perso un amico, la sua morte mi tormenta»

Il ricordo di Mario Langiu, comandante del peschereccio affondato dopo l’urto con la nave

3 MINUTI DI LETTURA





Golfo Aranci La sofferenza è stata tanta e lo è tuttora. Le immagini del naufragio continuano a tormentare le notti di Mario Langiu, 30 anni, di Golfo Aranci: l’impatto con la nave Sharden, la sua vita aggrappata alla zattera di salvataggio, quella del suo marinaio ingoiata dal mare, l’accusa di una responsabilità per quella tragedia. «Spero che questo segni la fine di quest’incubo», dice ora che la Procura di Tempio ha chiuso l’inchiesta sul naufragio avvenuto il 10 agosto 2023 al largo di Capo Figari, quando la nave della Tirrenia partita da Olbia e diretta a Livorno, entrò in collisione col suo peschereccio, l’Alemax II. Il procuratore Gregorio Capasso e il sostituto Mauro Lavra hanno stabilito che la responsabilità di quanto avvenuto è stata della nave passeggeri. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato al comandante della nave Luigi Coppola, al secondo ufficiale di coperta Mimmo Ceserale, e al marinaio timoniere Giacomo Mereu. Per lui, inizialmente indagato, la Procura ha, invece, chiesto l’archiviazione.

«Ho sofferto tanto, per mesi e mesi – dice –. Il ricordo di come stavo mentre, ferito, vedevo la zattera che si sgonfiava e credevo di morire, continua a tormentarmi nei miei incubi... Ma, soprattutto, mi tormenta il dolore per la perdita del mio amico, prima che marinaio, Mandi. Vedere il mio volto associato alla sua morte è stato un supplizio, così come il sentirmi condannato e giudicato, ancora prima che questo processo cominciasse, mi ha distrutto. Finalmente la Procura, nella sua ricerca della verità, ha fatto luce sulle reali dinamiche di quella tragica notte, e vedere che queste sono le stesse di quelle che, con il mio avvocato, abbiamo sostenuto fin dal primo giorno mi restituisce un po’ della dignità che mi è stata strappata. Ora attendo fiducioso che la giustizia faccia il suo corso».

Il legale che da allora lo assiste, esprime la sua soddisfazione «per il lavoro della Procura e per l’atteggiamento non preconcetto che l’Ufficio ha tenuto nei confronti del mio assistito – commenta l’avvocato Michele Pilia – Questo atteggiamento, lo scrupolo nelle indagini e la capacità di non farsi influenzare dai pesanti interessi, anche economici, in gioco, hanno consentito una corretta ricostruzione dei fatti». Sul fronte dell’inchiesta emerge anche un’altra novità . La Procura ha aperto un altro fascicolo e iscritto sul registro degli indagati il comandante della Sharden, Luigi Coppola, con persona offesa proprio Mario Langiu che nel naufragio riportò lesioni. Il pm Mauro Lavra contesta a Coppola, in qualità di comandante, di non aver dato ordine nell’immediato di far tornare indietro la nave per soccorrere e tentare di salvare l’equipaggio del peschereccio. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminare vengono ricostruite la dinamica e le condotte dei tre indagati che, secondo i magistrati, avrebbero causato la collisione. Il comandante della nave, il secondo ufficiale di coperta e il marinaio timoniere, sono accusati di aver violato alcune norme sulla sicurezza della navigazione previste dal regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare, non mantenendo durante la navigazione un appropriato servizio di vedetta visivo e non utilizzando in maniera adeguata la strumentazione presente a bordo, oltre a viaggiare a una velocità superiore rispetto a quella prevista per l’uscita dal porto di Olbia.

A causa di queste condotte, secondo le accuse, la Sharden entrò in collisione col peschereccio, provocando l’affondamento dell’imbarcazione, la morte di Diome Mandè – il cui corpo fu recuperato tre mesi e mezzo dopo, a 90 metri di profondità, dai sub specializzati del Comsubin – e il ferimento di Mario Langiu. Per i pm galluresi, il comandante aveva anche l’obbligo, in ragione dell’urto provocato, di tentare di salvare l’equipaggio del peschereccio. Invece non diede immediato ordine di spegnere i motori e iniziare le ricerche di eventuali dispersi. Proseguì il viaggio, ritornando nel punto della collisione oltre mezz’ora dopo.

Primo piano
Capo Figari

Mistero sui fratelli dispersi in mare: nelle foto si vede una barca

di Marco Bittau
Le nostre iniziative