Incidenti stradali gravi: il “primato” è della Gallura
Il ruolo chiave del pronto soccorso dell’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia
Olbia «È sulle strade provinciali dell’isola che avvengono più incidenti, ma quelli più gravi si registrano in Gallura». A dirlo, davanti a una platea di specialisti dell’emergenza urgenza, è stato Gianfranco Fancello, professore universitario e ricercatore, ma anche responsabile scientifico dell’Osservatorio sardo sulla sicurezza stradale. È lui che, nei giorni scorsi, ha parlato a Nuoro durante i lavori di un workshop organizzato da Areus sul tema “La rete del trauma maggiore”. Sì, perché l’obiettivo finale, su cui in molti hanno messo l’accento, è proprio quello di creare una rete ospedaliera che coinvolga tutta la Sardegna. C’è da chiedersi però come mai mancassero all’appello, esclusi i relatori di Sassari, Nuoro e Cagliari, tutti gli altri specialisti dei pronto soccorso dell’isola.
Da Olbia, in qualità di responsabile del pronto soccorso e direttrice della struttura complessa di Medicina d’urgenza, c’era Rosy Beretta, la quale però ha saputo dell’incontro soltanto per caso. «Da noi, soprattutto in piena estate, quando tocchiamo anche i 250 accessi al giorno, arrivano decine di persone coinvolte in incidenti stradali e molte, in gravi condizioni, non vanno direttamente a Sassari: vengono stabilizzate qui, trattate qui ed eventualmente trasferite. Intanto ci stiamo preparando a un’altra stagione caldissima che sta già dando i primi forti segnali. In questi giorni, al pronto soccorso del Giovanni Paolo II, sono arrivati molti stranieri e abbiamo già una media di 130 accessi quotidiani. Ecco: ora si parla tanto di fare una vera rete, ma è bene ribadire che una rete è fatta di tante maglie e non solo di quelle di Cagliari e Sassari con l’intermezzo di Nuoro. E Olbia? Il nostro è il pronto soccorso che lavora di più in assoluto d’estate e in questo territorio c’è anche la più alta incidenza dei traumi maggiori».
Ma se è vero che c’è una cronica carenza di personale è anche vero, dice la Beretta, «che in questo momento stiamo riuscendo a coprire i turni senza saltare i giorni di riposo. I medici strutturati sono quattro (più una in maternità), quattro i libero professionisti che fanno tutti i codici e poi c’è la cooperativa che copre il turno notturno per tutti i codici oltre a quello diurno dedicato ai codici minori. Siamo ovviamente sempre sottodimensionati e se pensiamo alle esigenze estive dovremmo essere almeno tre in turno per i codici maggiori, anziché i due attuali. Quindi i rinforzi servono, nonostante sia sempre attivo il fast track, ovvero la presa in carico rapida delle urgenze minori».
Durante il dibattito i diversi medici hanno sottolineato come attualmente il trauma maggiore grave possa essere trattato in modo definitivo solo a Sassari e Cagliari ma è stato anche detto che i due poli fanno fatica a farsi carico di pazienti che potrebbero (e dovrebbero) essere trattati anche dai Dea di primo livello. Tutti d’accordo sulla necessità di creare una rete ospedaliera reale sulla base delle risorse che un ospedale ha e che deve utilizzare. Ma che cosa serve per farla funzionare? «Innanzitutto la comunicazione – prosegue Rosy Beretta –. E questo vuol dire usare lo stesso linguaggio da parte di tutti gli operatori dell’emergenza, a partire dal territorio sino alla stabilizzazione in ospedale. Poi la formazione: ogni operatore, dal Brotzu al pronto soccorso di Isili, deve essere formato per trattare, ognuno per le proprie competenze, il trauma grave nel migliore dei modi. Il problema è che le risorse vengono principalmente suddivise tra Caliari e Sassari, che giustamente si fanno carico dei loro rispettivi territori, ma devono anche accogliere i traumi maggiori del resto dell’isola. Peccato, però, che la maggior parte degli eventi traumatici stradali, come emerso appunto durante i lavori, si verifichi proprio in Gallura. Noi a Olbia, nel nostro piccolo, abbiamo un trauma team che opera già dal 2015. E abbiamo un centro di formazione e simulazione in cui periodicamente, grazie soprattutto al coordinamento di Sara Gobbi, organizziamo corsi di simulazione per imparare a trattare il trauma grave in team multidisciplinare. Almeno dal 2009, quando si pensava di organizzare il G8 a La Maddalena, a Olbia si fanno esercitazioni sulla gestione di maxi emergenze in collaborazione con forze dell’ordine, capitaneria di porto, aeroporto».
Ma fare rete, per la Beretta, vuol dire anche andare a distribuire le risorse (comprese quelle umane) quando e dove servono. «In Gallura da sempre il personale di Olbia va a turnare a Tempio e La Maddalena, ma capita anche il contrario. E Olbia, in quanto hub, si fa carico senza discussioni di ogni paziente critico che arriva da Tempio e La Maddalena, dove i colleghi sono bravissimi a stabilizzare e a rendere trasportabile il malato. C’è grande collaborazione, insomma, e operiamo in piena sinergia anche con il 118 che spesso si occupa dei trasferimenti anche con l’elisoccorso». Molte delle prestazioni che fanno gli hub di secondo livello, come la Radiologia Interventistica e la Neurochirurgia, le garantisce anche il Mater Olbia con professionalità notevoli. «Di conseguenza – chiude la Beretta – molti pazienti che vengono trasferiti a Sassari potrebbero essere operati qui».