«Io sono il male»: Cinzia Pinna uccisa da Emanuele Ragnedda nello stazzo degli orrori
Sul tavolo: vino, sesso e cocaina e il diavolo. E sulla scena del crimine spunta un’altra donna che avrebbe aiutato l’assassino a togliere il sangue e a comprare un divano nuovo
Palau Spunta una donna misteriosa nell’inchiesta sull’omicidio di Cinzia Pinna. Arriva nella tenuta di Conca Entosa la mattina dopo il delitto, pulisce e se ne va. «Risolvo problemi», come il signor Wolf nel Pulp fiction di Quentin Tarantino. È un’amica inseparabile o quasi di Emanuele Ragnedda, la stessa che era con lui al tavolo del ristorante sulla spiaggia di Pittulongu il 16 settembre, cinque giorni dopo l’uccisione della ragazza 33enne di Castelsardo. E probabilmente è anche la stessa che ha aiutato Ragnedda a comprare un nuovo divano in un negozio di Arzachena, per sostituire senza batter ciglio quello vecchio sporcato dal sangue di Cinzia. Soprattutto è la donna che sa o dovrebbe sapere tutto dello stazzo degli orrori, dei festini a base di vini costosi, sesso e cocaina e di quella maledetta notte tra l’11 e il 12 settembre costata la vita alla povera Cinzia, forse dopo un tentativo di violenza sessuale.
Questa infatti è la pista principale che seguono gli investigatori – le indagini sono svolte dai carabinieri del reparto territoriale di Olbia al comando del tenente colonnello Nicola Pilia, e coordinate dal procuratore di Tempio Gregorio Capasso – impegnati nella caccia ai complici di Ragnedda, che evidentemente non può aver fatto tutto da solo. A cominciare dall’occultamento del cadavere, reato per il quale resta ancora indagato un giardiniere di Arzachena, scagionato però dallo stesso Ragnedda nella sua confessione. La sua posizione non è stata ancora archiviata e sono in corso le verifiche dei carabinieri. Magari la donna misteriosa sa qualcosa anche del Diavolo, quell’ombra oscura ricorrente nei discorsi e nella vita di Ragnedda. «Io sono il Male», annunciava in un ristorante di Cannigione poco prima del fermo. E tornano i conti con la prima confessione resa ai carabinieri e al magistrato dall’imprenditore indagato per omicidio, quando aveva detto che la ragazza lo minacciava parlando del diavolo. Un’affermazione al limite del delirio che però ha introdotto per la prima volta l’ombra del satanismo nell’inchiesta.
Per gli investigatori potrebbe non essere determinante, ma descrive bene l’inferno in terra in cui viveva e vive l’imprenditore. I conti tornano anche con nomi e loghi della cantina di Ragnedda, Conca Entosa. Shar, ad esempio, il nome di un vermentino in produzione ma anche il nome della Signora della notte e della perdita, una divinità malvagia che governa l’oscurità nel popolarissimo gioco Dungeons & Dragons. Per gli amanti del genere, il simbolo di Shar è un disco nero con il bordo viola, gli stessi colori del vino Disco volante prodotto da Conca Entosa.
Semplici coincidenze? Può darsi, ma i continui e inquietanti riferimenti al “mondo del Male” fanno riflettere gli investigatori, che però battono principalmente la pista del tentativo di violenza sessuale. Che una qualche “Simpathy for the devil” tormentasse Emanuele Ragnedda è cosa nota e risaputa. Le citazioni nei suoi discorsi sono frequenti così come le “riunioni” da lui organizzate nella tenuta. Non messe nere, ma feste senza freni con amici e amiche, con escort e ragazze invitate con messaggi hard sui social.
Sul tavolo vino, sesso, e cocaina. E il Diavolo sempre alla finestra, testimone silenzioso e spietato. Questo era sino all’altro ieri l’inferno di Emanuele Ragnedda, una terra di mezzo popolata da orchi e animata da violenza e follia. Dei festini a Conca Entosa si parla ad Arzachena, a Palau e in tutta la Gallura. Tutti sanno tutto, ma agli investigatori però non basta e ora stanno accertando se è durante uno di questi baccanali che Cinzia Pinna è stata uccisa. Erano soli in casa o c’erano altre persone? Di sicuro – i filmati delle telecamere di videosorveglianza lo confermano – la ragazza è salita nell’auto di Emanuele Ragnedda, che dopo aver girato un po’ per Palau si è diretto nella sua tenuta. Da quel momento il buio: alle 3 del mattino il telefonino della ragazza si spegne e da quel momento scompare dai radar. Nessuna traccia anche dei pantaloni e degli slip di lei. Il cadavere trovato a Conca Entosa (era tra i rovi, lontano dai vigneti), infatti, aveva solo una maglietta. Tutti elementi che consolidano l’ipotesi di un tentativo di violenza sessuale. Un femminicidio tipo: Ragnedda ci ha provato, la ragazza si è difesa e lui ha sparato con la pistola uccidendola. Le immagini di Cinzia Pinna che entra dentro l’auto sono il punto di svolta dell’inchiesta. Da quel momento i carabinieri, sulle tracce della ragazza scomparsa, varcano il cancello di casa dell’imprenditore arzachenese spalancando la porta dell’inferno. Macchie di sangue, tracce di polvere bianca (apparentemente cocaina, ma sono comunque da analizzare) bottiglie di vino mezzo vuote lasciate sul tavolo, disordine ovunque, nonostante l’arrivo in soccorso di una donna misteriosa per pulire tutto e risolvere problemi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA