Il padre di Ragnedda: «Condanno mio figlio, ma lo devo ascoltare. Cinzia ce l’ho nel cuore, per me è morta mia figlia»
C’era anche Mario Ragnedda a Palau, mentre era in corso il sopralluogo degli inquirenti nella villa dell’imprenditore reo confesso. La mamma: «Ho sbagliato ad affidargli Conca Entosa»
Palau «Il nostro desiderio è che lui sia collaborativo al massimo per arrivare alla verità assoluta. Aspetto di sapere dal lavoro degli inquirenti se ci sono riscontri a quello che ha confessato. Io lo condanno, ma lui dice di essere un sopravvissuto e io devo ascoltarlo. Però, voglio sapere se sta dicendo la verità». Parole spezzate dalle lacrime quelle di Mario Ragnedda, il padre di Emanuele, l’imprenditore 41enne reo confesso dell’omicidio di Cinzia Pinna, 33 anni, uccisa il 12 settembre nella tenuta di Conca Entosa. «È una cosa incredibile – continua –. Questa ragazza io ce l’ho nel cuore. Per me è morta mia figlia. È un dolore grande. Il più grande». Poi aggiunge: «Noi siamo una famiglia perbene, tutto quello che abbiamo è frutto del nostro lavoro ed Emanuele è cresciuto con sani principi». Il padre non si è sottratto all’incontro con il figlio dietro le sbarre: «Sono già andato a trovarlo in carcere e ci ritornerò anche oggi. Il suo pensiero e il mio vanno continuamente a lei. Piangiamo insieme».
Poco distante da lui, davanti al cancello dello stazzo che porta al luogo del delitto, c’è Nicolina Giagheddu, madre di Emanuele, che ha scelto di non vedere né parlare col figlio dopo l’arresto. «Conca Entosa è nel mio cuore, Conca Entosa era di mio padre, è per questo che sono qui. Ho creduto nel progetto di mio figlio e gliel’ho affidata. E in questo ho sbagliato. Io ho sempre dato a mio figlio libero arbitrio, che non vuole dire che sei autorizzato a uccidere, una ragazza, un bambino, un gatto, chiunque, un’anima vivente». Il dolore lascia spazio a parole dure: «Cinzia perdonami per non averti salvato – dice –. Non ti conoscevo, voglio chiederti perdono. A mio figlio non voglio dire niente: per lui non ci sono parole. Io sto piangendo prima per la famiglia di Cinzia e, poi, per mio figlio, ma prima per loro». Non nasconde di conoscere bene la deriva imboccata dal giovane negli ultimi tempi: «Più che sopra le righe, direi», commenta, ammettendo che tutti sapevano del carattere e del modo di fare da onnipotente del figlio, senza mai immaginare però un epilogo così drammatico. Non ha dubbi sulla sua scelta di non incontrarlo: «Non l’ho visto. Non ci ho parlato, non ho niente da dirgli. Solo Dio può parlarci. Immagino stia già vivendo l’inferno. E se ha fatto quello che ha fatto si merita l’inferno». Il suo pensiero corre alle donne: «Io sono la persona più fragile del mondo. Ma in questo momento devo essere forte per tutte le donne». E prima di voltarsi ancora una volta verso il cancello, chiude: «Perdonarlo? Non si possono perdonare certe cose. Non si perdonano».