Dall’incendio alla rinascita: la lavanderia che restituisce la sabbia alle spiagge – La storia
I titolari di Arte Clean: «Resta nelle trame degli asciugamani. Noi la raccogliamo e la riportiamo nei litorali». Il ricordo del rogo nel 2021: «Fu devastante, tutto sembrava perduto. Ma non ci siamo arresi»
Sassari Quattro anni fa, sembrava tutto finito. Le fiamme avevano distrutto i sogni e i progetti di una vita: la prima sede della ditta di pulizie Arte Clean era andata in fumo insieme ad altri nove capannoni e altrettante aziende nella parte sud di Predda Niedda. «Quell’incendio ci ha cambiati: forse le cose non sarebbero andate così» dicono Barbara Grandu e Sandro Usai, con un sorriso che quattro anni fa sarebbe stato inimmaginabile. E che però è diventato possibile, grazie all’aiuto di tanti e alla forza di volontà dei due.
«Pian piano siamo riusciti a rimetterci in piedi, abbiamo iniziato a lavorare con importati realtà turistiche della Costa Smeralda, e ci siamo resi conto di un fatto: gli asciugamani, per quanto vengano scossi e sbattuti dalle persone, contengono ancora tanta sabbia, che resta nella trama» raccontano. E così, prima per gioco e poi sempre più seriamente, insieme ai propri dipendenti hanno iniziato a raccogliere la sabbia che restava nei filtri degli essiccatori: «Noi ci teniamo alla nostra terra bellissima e se possiamo in qualche modo, anche piccolissimo modo, contribuire a tenerla bella, lo facciamo volentieri».
Al termine della stagione, il bottino raccolto è stato di 40 chilogrammi: «È tanto, è poco? Non lo so, è un inizio. Sappiamo da dove arriva, perché da lì arrivano gli asciugamani, e così, dopo aver filtrato la sabbia, ripulendola da cicche e gomme, la abbiamo riportata a Liscia Ruja» dice Sandro.
La fenice Eppure, quattro anni fa, ogni cosa sembrava perduta. L’incendio fu devastante. «Era il 21 settembre 2021 e il mondo si fermò» racconta Barbara Grandu. Sarebbe stato molto facile arrendersi, anche perché all’enorme ondata di commozione e solidarietà, come spesso capita in questi casi, non corrispose poi un concreto aiuto economico. «Ma abbiamo avuto la fortuna di incontrare degli amici, degli angeli che ci hanno aiutato a rimetterci in piedi» spiega. E in quel momento tutto è cambiato, a cominciare dal logo di Arte Clean. Un nuovo simbolo che non poteva che essere la fenice, l’uccello mitologico che rinasce dalle sue stesse ceneri, rossa come le fiamme che avrebbero potuto distruggere un progetto, ma che invece ne hanno fatto nascere uno nuovo, trasformando una impresa di pulizie specializzata nelle case vacanze in una lavanderia artigianale all’avanguardia, con un occhio di riguardo per l’ambiente. «Non sarebbe potuto accadere senza coloro che ci hanno aiutato, a cominciare dalle nostre dipendenti, che hanno acquistato personalmente scope, palette e altri utensili per continuare a lavorare dopo che il materiale era andato distrutto» raccontano Barbara e Sandro. Ma non sono state le uniche: «Siamo stati accolti alla Farfalla, dove il personale amministrativo ha potuto chiudere le fatture entro il 30 settembre grazie a due vecchi computer sistemati e donatici dal nostro tecnico. Ci ha aiutato anche Agricola Mariani, mentre Filippo Salaris, di Sorgente Solare, ci ha portato qui, nella sede dove stiamo adesso, noi non avevamo soldi per pagare l’affitto ma ci ha detto: “Iniziate a lavorare, ci rivediamo fra un anno e mezzo”. O ancora i commercianti del centro, che ci hanno aiutato con una donazione grazie all’impegno di Diana Tessuti. Insomma, abbiamo ricevuto tanto bene, e ora vogliamo restituirlo». E anche riportare la sabbia nelle spiagge di origine è un piccolo modo per farlo. «Ora stiamo studiando con il nostro fabbro-inventore, Giovanni Lella, un macchinario che ci consenta di scuotere gli asciugamani ancora prima di metterli in lavatrice» spiega Sandro Usai. Che mostra orgoglioso i macchinari dell’azienda: «La mia idea è che tutti gli utili vadano investiti in innovazione tecnologica: non ho bisogno di comprarmi la Porsche, questa è la mia Porsche» dice, indicando una macchina che piega i tovaglioli. Più in là ce n’è una per il lavaggio dei tappeti: «In Italia non le produce nessuno e non se ne trovano più, l’abbiamo dovuta far arrivare dalla Turchia».
Di fronte c’è un macchinario per stenderli, progettato sempre dal solito fabbro-inventore. «Ma l’automazione non deve sostituire il fattore umano, che è la vera risorsa di un’azienda che ha scelto di lavorare con la qualità piuttosto che con la quantità. Il gruppo ha circa una quarantina di dipendenti, e anche se il lavoro segue un andamento stagionale, la gran parte ha il contratto a tempo indeterminato, perché non possiamo permetterci di perdere la loro professionalità».