Omicidio di Cinzia Pinna, un mese fa la confessione del suo assassino: uccisa e nascosta per 12 giorni
La famiglia della 33enne ne aveva denunciato la scomparsa. La donna fu poi ritrovata senza vita nella casa di Emanuele Ragnedda
Palau Di Cinzia Pinna si erano perse le tracce la notte dell’11 settembre scorso. La famiglia aveva lanciato appelli sui social e la macchina delle ricerche si era messa in moto. Ma quando tutti la cercavano, lei era già morta. Uccisa dall’uomo che proprio quella notte l’aveva fatta salire sulla sua Jeep Compass e l’aveva portata a casa sua, nella tenuta di Conca Entosa. Dopo una notte di alcol e droga, quando erano circa le quattro del mattino, le aveva puntato la pistola in faccia, e aveva sparato. Tre proiettili le avevano sfigurato il viso: solo uno, quello allo zigomo fuoriuscito dalla testa, è stato mortale. Il suo assassino, aveva portato il suo corpo insanguinato lontano dalla casa. Lo aveva nascosto tra i cespugli in un tratto incolto dell’immensa distesa di vigneti e piante, e lì, ricoperto dai rovi, era rimasto per dodici lunghi giorni, fino a quando il suo assassino non ha deciso di dire la verità agli inquirenti che lo braccavano. «L’ho uccisa io». Era il 24 settembre. Un mese fa. Quel giorno, Emanuele Ragnedda, imprenditore del vino, di Arzachena, dopo un maldestro tentativo di fuga, ha confessato il delitto della 33enne di Castelsardo, accompagnando lui stesso magistrati e carabinieri nel punto in cui aveva nascosto il cadavere. Da allora si trova rinchiuso in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato dall’uso di un’arma da sparo e occultamento di cadavere.
Questi i fatti noti. Ma cosa sia accaduto nello stazzo di Conca Entosa è una verità ancora da ricostruire e una storia tutta da scrivere. A un mese dal delitto, l’attività d’indagine è in pieno svolgimento: gli inquirenti – le indagini sono coordinate dal procuratore Gregorio Capasso e dalla sostituta Noemi Mancini – lavorano per accertare il movente e la dinamica dell’omicidio. A Conca Entosa, sotto sequestro dal 22 settembre, giorno in cui Ragnedda è stato indagato, i carabinieri del Ris hanno eseguito diversi sopralluoghi. Accertamenti sono stati svolti sulla sua auto e su quella di Luca Franciosi, indagato per favoreggiamento. Ispezionata anche la barca di famiglia ormeggiata a Cannigione, così come è stata perquisita l’abitazione dei genitori, a Baja Sardinia. Ora tutti reperti raccolti, tracce biologiche e impronte saranno analizzati in laboratorio, previsto anche l’esame del computer di Ragnedda da cui potrebbero emergere elementi importanti per ricostruire i rapporti con altre persone, eventuali complici, considerato che dagli inizi di settembre non aveva il cellulare perché rotto e potrebbe aver utilizzato il computer per comunicare.
Altre risposte importanti per ricostruire dinamica e movente arriveranno dagli esiti dell’autopsia sul corpo di Cinzia (il medico legale ha 60 giorni di tempo per depositare la relazione). Una delle ipotesi investigative su cui gli inquirenti cercano riscontri, è che il 41enne abbia reagito a un approccio sessuale rifiutato. Al quesito se la ragazza abbia subito violenza sessuale risponderà, appunto, l’autopsia (da un primo esame non erano emerse tracce di violenza, ma devono essere effettuati altri esami). Nella sua confessione Ragnedda aveva detto di aver reagito a un’aggressione con un coltello puntato alla bocca da parte della ragazza. Si cercano riscontri alla sua versione.
Prima della sua confessione, Ragnedda aveva detto ai carabinieri che erano risaliti a lui dalle immagini delle videosorveglianza che avevano ripreso Cinzia Pinna mentre saliva a bordo della sua auto, di averla lasciata vicino all’hotel dove lavorava. Sentito nuovamente, aveva dato un’altra versione: di aver trascorso la notte con lei e di averla trovata morta al suo risveglio. Aveva tirato in ballo Luca Franciosi sostenendo che era stato lui a gettare in mare il corpo di Cinzia. Poi, il 24 settembre la confessione nella quale diceva di aver sparato per difendersi e di aver fatto tutto da solo. Ma resta da accertare se qualcuno lo abbia aiutato nelle ore successive al delitto. Oltre a Franciosi, è indagata per favoreggiamento Rosamaria Elvo, fidanzata di Ragnedda. Entrambi sono stati già interrogati. Franciosi ha dimostrato che in quei giorni non era a Palau. La Elvo ha detto di essere andata a Conca Entosa la mattina del 12 settembre e di non aver visto nulla che potesse far pensare alla scena di un delitto.