Ucciso col tubo di un aspirapolvere, i testi: «Forti dissidi tra Fabio Malu e la vittima»
Omicidio di Luras, prosegue il processo per la morte del 37enne Davide Unida
Luras «In paese tutti sapevano che tra loro c’erano forti dissidi da anni». I testimoni sentiti oggi 18 novembre in Corte d’assise hanno confermato, anche attraverso il racconto di episodi passati, i conflitti tra Fabio Malu e Davide Unida. Anni di screzi, di minacce, di gesti violenti che erano sfociati in denunce reciproche. L’ultimo furibondo litigio, l’8 luglio 2023, li aveva visti affrontarsi, uno, con un’ascia in mano, l’altro, col tubo di un aspirapolvere, in via Nazionale, nel centro di Luras. Un’aggressione fatale per Davide Unida, 37 anni, morto all’ospedale di Sassari quattro giorni dopo essere stato colpito violentemente dal tubo metallico impugnato dal suo compaesano. Fabio Malu, 33 anni, è ora a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Anche oggi era in aula, seduto a fianco al suo difensore, l’avvocato Giampaolo Murrighile. Nella nuova udienza sono stati sentiti altri quattro testimoni dell’accusa, i quali hanno riferito di aver visto solo alcuni momenti di quell’aggressione: chi, mentre i due si avvicinavano per affrontarsi, chi, quando Unida era già a terra dopo essere stato colpito col tubo metallico.
Tutti hanno confermato il fatto che in paese si sapeva che tra loro c’erano forti dissapori. E hanno raccontato alcuni episodi: di quando Fabio Malu venne inseguito da Unida con un bastone, della macchina di Unida che la notte stessa andò improvvisamente a fuoco. E di quando Unida cercò di investire con l’auto Malu mentre era seduto su un gradino. Il processo davanti alla Corte d’assise presieduta da Massimo Zaniboni proseguirà il 9 dicembre con l’esame di altri testimoni citati dal pubblico ministero Alessandro Bosco. L’inchiesta sull’omicidio era stata chiusa dalla Procura di Tempio a poco meno di un anno da quel brutale pestaggio costato la vita a Davide Unida. Fabio Malu era stato subito individuato dagli investigatori come il responsabile del gravissimo ferimento del compaesano. Determinanti le testimonianze raccolte dagli investigatori e le immagini delle telecamere di videosorveglianza puntate su via Nazionale. Immagini già visionate in aula, così come sono state mostrate anche le armi utilizzate da vittima e aggressore. I familiari di Unida sono costituiti parte civile con l’avvocato Sergio Milia.
