La Nuova Sardegna

Olbia

Storie galluresi

Lu Branu, viaggiatori e non turisti nello stazzo della memoria

di Carolina Bastiani
Lu Branu, viaggiatori e non turisti nello stazzo della memoria

Vacanze slow nell’agriturismo di Arzachena tra sostenibilità ambientale e benessere animale

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Arzachena Sembrerebbe tutto assopito. L’agriturismo Lu Branu ha chiuso all’inizio di novembre dopo una stagione un po’ più lunga rispetto alla scorsa. Le camere sono vuote e le cucine ferme. Eppure, attraversando un ponticello, si accede a vasti terreni brulicanti, dove i maiali se la godono al sole, le capre e le pecore condividono l’erba di un prato e qualche mucca si avvicina minacciosa verso i cani pastore che ne hanno interrotto la quiete. La storia di questo stazzo affonda le radici nelle campagne galluresi di duecento anni fa e con l’avvento della Costa Smeralda, un nuovo mondo attraente e tutto da costruire, ha rischiato di essere spazzato via insieme a molti altri, che oggi giacciono abbandonati.

Se non fosse stato per Agostino e Antonello Columbano, che dopo un piccolo dubbio, hanno deciso di mandare avanti l’azienda agricola dei genitori, avviata negli anni 50’ con un vigneto, un oliveto, l’orto e qualche mucca. E hanno iniziato con l’offerta agrituristica, continuando a celebrare lo spirito più genuino dell’ospitalità e della cultura gallurese, nel rispetto della ciclicità della natura e del benessere animale.

Nel tempo, l’azienda si è evoluta e oggi conta ben 120 ettari di terreno – la maggior parte incolti – un caseificio, stalle, un piccolo macello, la cantina, la fattoria didattica e un museo, ma non ha perso la sua identità, che anzi si è rafforzata con il ritorno dall’estero di Paola, figlia di Agostino. Lu Branu si è così affermato come modello sostenibile di accoglienza turistica, sempre più apprezzato da quei visitatori alla ricerca di esperienze autentiche.

(L’articolo in versione integrale sul giornale in edicola o nell’edizione digitale del 27 novembre)

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