La Nuova Sardegna

L'intervento

Il museo archeologico di Cagliari sia un traino per l'isola

di ANTONIETTA MAZZETTE
Il museo archeologico di Cagliari sia un traino per l'isola

Finalmente una buona notizia per la Sardegna. È l’occasione per rafforzare questa presenza culturale, inserendola in circuiti che vanno ben al di là dei confini regionali, ma con essa si apre anche la possibilità di dare centralità a tutto il patrimonio culturale sardo

07 dicembre 2019
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Finalmente una buona notizia per la Sardegna. Il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari viene inserito tra i luoghi più importanti dell’arte italiana, al pari degli Uffizi di Firenze o della Reggia di Caserta. Ciò grazie alla proposta approvata dal Consiglio dei ministri che darà autonomia speciale anche a questo museo e per la cui guida sarà indetto un bando internazionale. Si prospetta, perciò, l’occasione di rafforzare questa presenza culturale, inserendola in circuiti che vanno ben al di là dei confini regionali, ma con essa si apre anche la possibilità di dare centralità a tutto il patrimonio culturale della Sardegna, a partire da quello archeologico. In quale contesto inserire questa “autonomia speciale”? In termini generali, è ormai consolidata l’idea che si debba creare un rapporto stretto tra patrimonio culturale e governo del territorio. Naturalmente l’affermazione di principio non basta, se non viene riempita di proposte concrete su come questo legame possa diventare fruttuosamente positivo in termini socio-territoriali ed economici. Senza dimenticare che rendere la cultura un bene pubblico al quale tutti possano accedere, significa anche renderla un bene democratico.

In termini più specifici, significa che il Museo di Cagliari potrebbe diventare trainante anche per il resto dell’Isola ad almeno due condizioni: 1. che gli investimenti finanziari che sicuramente ci saranno non impoveriscano le altre realtà museali, a partire dal Museo archeologico Sanna, istituito a Sassari con Regio Decreto nel 1931; 2. che il Museo di Cagliari si ponga per così dire simbolicamente “a capo” (non in termini gerarchici) della complessiva rete museale che ormai è presente e dislocata praticamente in tutto il territorio regionale, a partire soprattutto dagli anni ’80 del Novecento. A questo proposito, vorrei ricordare che, accanto alle diffuse presenze archeologiche che costituiscono una sorta di “museo a cielo aperto”, sono diventati sempre più numerosi i musei locali di cui Giovanni Lilliu a più riprese si era occupato, considerandoli sia una necessità logistica di decentrare «nel territorio i manufatti archeologici, diventati nel dopo guerra e specie negli ultimi decenni, così esuberanti quantitativamente da non poter più essere accolti non si dice nella esposizione museale, ma nemmeno negli stessi magazzini dei musei nazionali di Cagliari e Sassari», sia una necessità culturale perché «i reperti, di qualsiasi genere, acquistano maggior valore storico e migliore evidenza culturale, quando siano ricollocati e mostrati nel terreno e nell’umore ambientale che li ha espressi in origine» (L’Antiquarium arborense e i civici musei archeologici della Sardegna, 1988).

Questa necessità culturale - peraltro condivisa da autorevoli archeologi dei due atenei – comporta il fatto che bisogna riportare lo sguardo e l’attenzione sui singoli territori che, in alcuni casi, sono diventati laboratori in progress, più che entità ‘conchiuse’ nei rispettivi confini amministrativi. Sono infatti sempre più numerose le amministrazioni locali che sollecitano scavi nei loro territori, anche grazie all’interesse delle Università di Cagliari e di Sassari. Conseguentemente a questa attività di ricerca, sono in aumento gli oggetti considerati valevoli di esposizione e rappresentativi della storia locale a cui detti oggetti appartengono. Ma la Sardegna è ancora lontana dall’aver maturato la triplice capacità: riflessiva, ossia in termini di conoscenza di sé; attrattiva, ovvero in termini di qualità dei luoghi; strutturale, in termini tanto di vivacità economica quanto di accessibilità. Capacità che per svilupparsi hanno bisogno soprattutto di professionalità qualificate, oltre che di risorse finalizzate alla cura e alla valorizzazione delle risorse storico-ambientali. La “promozione” del Museo archeologico di Cagliari è un’occasione per superare questo gap? Speriamo di sì, a condizione che si avvii un processo di collaborazione tra i diversi ambiti.
 

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