La Nuova Sardegna

Clima, a Cop25 sono necessarie scelte storiche

Alfredo De Girolamo
Clima, a Cop25 sono necessarie scelte storiche

Con la situazione ambientale globale ormai fuori controllo, la conferenza internazionale in corso a Madrid ha un'importanza unica

09 dicembre 2019
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Cop 25, la Conferenza internazionale sul clima attualmente in corso a Madrid, ha un'importanza storica e unica come forse solo Cop21, tenutasi nel 2015 a Parigi, ebbe sul tema del cambiamento climatico. I motivi sono molteplici, in primis la situazione ambientale ormai fuori controllo dovunque nel mondo, con eventi atmosferici improvvisi che mettono in ginocchio città e popolazioni. Inoltre, la sensibilità pubblica sull'argomento, dalla nascita del movimento giovanile Fridays for Future, è cresciuta come mai negli ultimi quattro anni, dunque oggi chi siede ai tavoli di Madrid ha una luce ancora più forte accesa su di sé.

Tuttavia, a rimarcare l'importanza di questo dibattito basterebbero i numeri, come quelli presentati nella capitale spagnola, dal Climate Risk Index dell'osservatorio Germanwatch, che quantifica in circa mezzo milione i decessi e oltre tre miliardi e mezzo di dollari i danni provocati dal clima impazzito dal 1999 a oggi, con il Giappone che risulta essere il paese più colpito da eventi meteorologici estremi nel 2018, mentre in assoluto negli ultimi venti anni il poco invidiabile primato spetta a Porto Rico.

La situazione, a detta degli estensori del rapporto, è vicina all'irreversibilità, e il primo fenomeno conseguente è la migrazione, in parte già in atto. Continuare con le parole, invece che con i fatti, porterà alle migrazioni di massa di chi vive nei paesi caldi, che raggiungeranno temperature invivibili, con buona pace di chi dovrebbe guidare l'inversione di tendenza, come gli Stati Uniti, pronti a ritirarsi ufficialmente, per volontà del loro presidente Donald Trump, dagli impegni assunti a Parigi. Un accordo - il cui cuore era il contenimento dell'aumento delle temperature ben al di sotto di 2°, tendendole possibilmente a 1,5°, con lo scopo effettivo di raggiungere un valore intermedio fra questi due numeri - che, comunque, già di per sé è ormai superato, che dovrebbe vedere gli effetti della sua ratifica a partire dal prossimo anno, quando invece la situazione climatica, rispetto a quattro anni fa, si è aggravata e gli obiettivi al 2020, purtroppo, ammesso che vengano raggiunti, non sono più sufficienti. Questo anche perché molti obblighi assunti dagli Stati a Cop21 sono ancora sulla carta, e dunque inefficaci, anche a causa dello stagnante immobilismo che ha regnato ai successivi appuntamenti (Cop22 a Marrakech in Marocco, Cop23 a Bonn in Germania, Cop24 a Katowice in Polonia).

Inoltre, molti Paesi tra i più inquinanti, dopo i proclami iniziali hanno ripreso le proprie normali attività, come la Cina, che secondo l'ultima edizione del rapporto Global Energy Monitor, è tornata prepotentemente a usare il carbone come principale fonte di energia, aumentandone l'uso dal gennaio 2018 al gennaio 2019 di 43 GW, a fronte di una diminuzione media nel resto del mondo di 8 GW. Una beffa, mentre i Paesi più piccoli e poveri annaspano per fronteggiare il crescente stato di emergenza. A Cop24 in Polonia lo scorso anno, la diplomazia del clima fece gli straordinari per limare il documento finale, un "Libro delle Regole" che provava a tenere alta la sfida e a non frustrare gli impegni di chi sta facendo sforzi importanti, ma che già allora non risolveva il vero problema, quello dei consumi dei combustibili fossili e delle emissioni di CO2 che continuano a crescere.

In esso mancavano nuovi e stringenti impegni da parte dei singoli Stati a ridurre le emissioni, pur definendo come i Paesi più ricchi dovranno aiutare quelli più poveri a rispettare i propri obiettivi e i sistemi con cui monitorare i diversi paesi e il loro rispetto degli impegni presi. I Paesi in via di sviluppo ottennero una maggiore flessibilità nella messa in pratica delle regole, in modo da poterle rispettare più facilmente. Piccoli passi che ad oggi non sono bastati. I dati scientifici intanto confermano scenari catastrofici, mentre le decisioni strategiche, magari anche impopolari ma efficaci, latitano. A Cop25 una parola che purtroppo però rischia, ancora una volta, di non essere l'ultima. (@degirolamoa)

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