Lo strano caso del maiale infelice. Sarà la sua abitudine a essere il depresso ultimo vagone della locomotiva Italia, ma la Sardegna riesce a non festeggiare un risultato storico che per una volta la vede modello virtuoso. Dopo 42 anni è stata abbattuta la peste suina. Da oltre un anno non ci sono più casi, da due sono scomparsi i focolai. Un morbo che sembrava endemico, una sorta di iattura incollata all’anima dell’isola, è stato debellato. Ma questa vittoria passa quasi sotto silenzio. La politica, pronta a incollare il proprio sorriso sopra qualsiasi successo, fa scivolare la notizia come fosse un evento banale. Forse la colpa di questo risultato è che a ottenerlo è stato la giunta Pigliaru. L’ex governatore 5 anni fa aveva promesso di debellare la peste suina. E lo ha fatto, ha puntato su Alessandro De Martini e Alberto Laddomada, che a capo della struttura si sono rivelati due fuoriclasse. Per la prima volta hanno creato una task force che ha avuto il coraggio di agire in modo concreto per cancellare il morbo. E lo ha fatto con una scelta coraggiosa, è andata nei territori e ha abbattuto i maiali che venivano allevati al pascolo brado. Una sorta di tradizione radicata nelle comunità, ma il vero motivo per cui in oltre 40 anni la peste suina non è stata mai vinta.
Non è un miracolo, è il risultato di una strategia brillante, perché in Sardegna era dai tempi della malaria che non si riusciva a cancellare un male endemico. E il modello sardo è diventato tanto virtuoso da essere preso a esempio dalle nazioni straniere. Già, perché l’isola è in controtendenza. Nel resto del mondo la peste suina divampa. Dalla Cina all’Est Europa i focolai hanno trasformato in una piaga mondiale un morbo che sembrava circoscritto solo alle regioni più arretrate.
La vittoria ora deve essere difesa. Serve il continuo monitoraggio, serve l’educazione delle comunità. Tutti devono capire che allevare i maiali allo stato brado ha come risultato la nuova esplosione di focolai. Ecco perché questa strategia si deve portare avanti. Il centrodestra, oggi al governo, resta silente davanti a un risultato storico. Sarà perché il capogruppo leghista Dario Giagoni con scarsa lungimiranza aveva dichiarato: «Non seguiremo le linee della giunta Pigliaru che ha attivato una task force, che prevede l’abbattimento dei suini». Tutto il centrodestra si era mostrato tiepido davanti alla scelta, scientifica, fatta dalla task force. L’unica possibile per eliminare la peste suina. Oggi chi guida la Regione dovrebbe festeggiare. E subito dopo dovrebbe prendere un aereo per Bruxelles. La Sardegna è ancora al livello 4, il più repressivo per l’Ue, quello che vieta di esportare qualsiasi cosa legata al maiale. Ma l’isola ora è Psa-free. A indicare la strada era stato lo stesso commissario europeo che a ottobre era planato in Sardegna e aveva invitato la classe dirigente a ritornare a Bruxelles una volta sconfitta la peste suina per aprire le frontiere ai prodotti sardi.
Un piccolo quadro può aiutare a capire quanto il maiale pesi nella bilancia commerciale dell’isola. In Sardegna l’80 per cento della carne suina è importata. In questo momento il mercato è in crisi profonda. Il lockdown ha azzerato il consumo e l’estate con pochi turisti rischia di diventare un’ulteriore emergenza per il settore. La possibilità di esportare un prodotto di alta qualità potrebbe dare ossigeno alla filiera e creerebbe un’inversione di tendenza. Da importatori a esportatori. Il mercato in Sardegna vale 500 milioni di euro, più dell’intero comparto ovicaprino, nell’isola che ha più pecore che abitanti. E lo sviluppo del settore poterebbe posti di lavoro e nuove imprese nelle aree più povere e spopolate della Sardegna. Ma serve un salto di qualità da parte della politica per portare a compimento la rivincita del maiale.