La Nuova Sardegna

Sassari, la violenza "servita" all'ora di cena

Andrea Sini
Sassari, la violenza "servita" all'ora di cena

Le persone che hanno assistito all'aggressione in via Antonio Scano ora temono un altro blitz

26 ottobre 2020
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Cinque contro uno. Poi dieci contro uno. Poi venti contro uno, con tutto intorno una “scorta” di almeno altri trenta invasati che urlano, minacciano, corrono avanti e indietro seminando il panico. La follia va in scena all’ora di cena, quando i ristoranti intorno sono già pieni di clienti e i negozi hanno appena chiuso. Sabato sera 24 ottobre, ore 20,45. Siamo in pieno centro, a pochi metri da largo Cavallotti, a meno di 100 dalla stazione mobile dei vigili urbani. Un’orda di ragazzini in evidente stato di alterazione sale da via Al Carmelo. Come ogni weekend, sempre a quest’ora. Avranno tra i 15 e i 18 anni. Urlano, sghignazzano, lasciano ovunque i segni del loro passaggio, sotto forma di bottiglie di birra vuote e lunghe pozze di urina. Minacciano e deridono chiunque provi a chiedere loro di evitare, o almeno di darsi una calmata. Fa così un residente di via Scano, stanco di trovare ancora una volta qualcuno che fa pipì sull’angolo di casa sua. Volano parole grosse, lo accerchiano davanti alla porta di casa e lo colpiscono. Sono 5 o 6 contro uno, ma hanno bisogno di rinforzi e infatti pochi attimi dopo gli aggressori sono già il doppio.

Nel frattempo, dalle vie limitrofe, dove questa allegra gioventù sassarese approfitta della tranquillità, dell’oscurità e del poco passaggio per sballarsi, accorrono almeno altri trenta tra ragazzi e ragazze. Stessa età, stesse facce, stesso atteggiamento provocatorio e strafottente. Li hanno già visti all’opera in passato, quasi sempre di sabato. Passa di là per caso un frate, prova a calmarli, così come fanno altre persone capitate in mezzo a questo delirio. Ricevono in cambio soltanto parolacce, risate di scherno, minacce. Tutto intorno, dai palazzi, è un luccicare di telefonini che riprendono la scena e di residenti di tutte le età che urlano ai giovani di smetterla. Partono le telefonate al 112 e al 113. Qualcuno scende per strada, a suo rischio e pericolo, mentre una mamma con una neonata in braccio schiva un gruppo di “riservisti” che corre verso corte Quesada e resta impietrita davanti a un portone. Una signora over 80, dal suo davanzale al secondo piano, li sgrida come farebbe una nonna. «Non fate i maleducati, tornatevene a casa vostra». Insulti e minacce anche per lei. Compare una donna sui 45 anni, grembiulino da cameriera legato alla vita. Più tardi qualcuno dirà che lavora poco lontano e forse è la madre di uno dei ragazzini “picchiati” dal malcapitato che si è solo difeso da solo contro l’orda. La donna brandisce una cinghia ed è lei a dare il via all’ultima carica: stavolta partono in 15, contro l’uomo che è sempre asserragliato sulla porta di casa sua. Volano calci e pugni fortissimi, è un pestaggio impressionante, l’uomo sembra finire per terra ma, sempre da solo e a mani nude contro tutti, riesce a resistere e incredibilmente a ricacciare indietro il branco. Solo ora arrivano polizia e carabinieri, rallentati dal traffico della zona. L’orda si disperde in un attimo, ma non si allontana di molto.

Per almeno un’altra mezz’ora, gruppetti di ragazzini in preda all’eccitazione stazionano agli angoli delle vie intorno. Alcuni si vantano dei colpi mandati a bersaglio, uno piagnucola per un pugno incassato, altri fanno la conta dei danni subiti nonostante l’enorme sproporzione numerica. Altri dicono - a voce alta, per farsi sentire da tutto il vicinato che li osserva dall’alto - che tanto prima o poi torneranno. Le persone affacciate alla finestra tornano dentro casa disgustate, incredule e impaurite. Anche loro hanno la certezza che prima o poi torneranno.

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